La recente autorizzazione paesaggistica in deroga rilasciata dalla Regione Puglia per la realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del Tara solleva interrogativi sulla sostenibilità ambientale e sulla tutela del paesaggio. L’opera, approvata ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 e in deroga alle disposizioni del PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), ha ricevuto pareri negativi dal Ministero della Cultura e dalla Soprintendenza, che la ritengono incompatibile con il contesto ambientale e paesaggistico della zona.
Tuttavia, la Regione ha deciso di ignorarli, autorizzando comunque il progetto con una serie di prescrizioni tecniche che, però, non risolvono le principali criticità sollevate.
L’autorizzazione impone un monitoraggio degli effetti del dissalatore sulle condizioni ambientali del fiume Tara, con particolare riferimento alla qualità delle acque e alla biodiversità. Tuttavia, la valutazione ex ante degli impatti appare insufficiente, poiché il monitoraggio ambientale è previsto solo successivamente alla realizzazione dell’impianto, senza evidenze conclusive sulla compatibilità dell’opera con l’equilibrio idrico del Tara.
Il rischio principale riguarda l’alterazione della salinità, dovuta allo scarico della salamoia. Il documento tecnico allegato alla deliberazione impone controlli periodici sulle concentrazioni saline, ma non specifica soglie limite di riferimento né misure di mitigazione nel caso di alterazioni significative della composizione chimico-fisica delle acque.
La Regione Puglia ignora il parere del Ministero della Cultura
Un aspetto particolarmente controverso è che non è stato lo Stato a imporre l’opera scavalcando la Regione, ma è stata la Regione Puglia a scavalcare il Ministero della Cultura e la Soprintendenza, che avevano espresso pareri nettamente contrari.
Nel verbale della Conferenza di Servizi del 10 gennaio 2025, il Ministero della Cultura ha dichiarato che l’opera è incompatibile con il paesaggio e l’ambiente della zona, aggiungendo che non esistono misure di mitigazione in grado di renderla accettabile. Anche la Soprintendenza ha ribadito la sua contrarietà, sottolineando che non sono state valutate alternative localizzative meno impattanti. Nonostante ciò, la Regione ha scelto di forzare il processo autorizzativo, giustificando l’opera come strategica per l’approvvigionamento idrico e approvando il progetto in deroga al PPTR.
L’articolo 95 delle NTA del PPTR consente deroghe per opere di pubblica utilità se non esistono alternative localizzative e progettuali. Il problema, come evidenziato da diversi enti, è che le alternative non sono mai state adeguatamente valutate. Opzioni come:
- Riuso delle acque reflue;
- Riduzione delle perdite nella rete idrica;
- Potenziamento delle infrastrutture quali gli invasi già realizzati da tempo e inutilizzati
sono state scartate senza un’analisi comparativa approfondita.
Questo ha permesso alla Regione di bypassare i vincoli paesaggistici, sostenendo che il dissalatore fosse indispensabile per la sicurezza idrica, anche se diversi studi dimostrano l’inefficienza e il costo elevato della desalinizzazione rispetto ad altre soluzioni.
L’assenza di studi preventivi esaustivi sul rischio di alterazione dell’ecosistema solleva inoltre un potenziale problema di conformità con il principio di precauzione, sancito dal diritto ambientale europeo. Il Regolamento (UE) 2020/852 sulla finanza sostenibile e la Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) stabiliscono che, in caso di incertezza sugli effetti ambientali di un intervento, debbano essere adottate misure preventive rigorose prima dell’autorizzazione. Nel caso specifico, il provvedimento regionale demanda la valutazione degli impatti a una fase successiva, attraverso monitoraggi e controlli a opera degli enti competenti. Questo approccio potrebbe non essere conforme alla normativa comunitaria, che impone la verifica preventiva della sostenibilità ambientale prima della realizzazione dell’opera.
Per giustificare l’approvazione in deroga, la Regione ha incluso una serie di prescrizioni nel PAUR, contenute nell’Allegato A del verbale. Tuttavia, una loro analisi dettagliata mostra come queste misure non eliminino i rischi principali, ma anzi confermino le perplessità sulla compatibilità dell’opera con l’ambiente e il territorio.
Per quanto riguarda l’impatto ambientale, la Regione ha imposto un monitoraggio della qualità delle acque del Tara e della biodiversità, senza però stabilire soglie chiare per i valori di riferimento né definire misure di intervento immediate nel caso in cui emergano criticità. Il progetto stesso prevede il rilascio della salamoia nelle acque circostanti, imponendo un controllo sulla salinità, ma senza garantire una soluzione efficace per evitare alterazioni dell’ecosistema fluviale. Il rischio di incremento della salinità e alterazione dell’habitat resta dunque elevato, e la mancata definizione di limiti precisi lascia aperta la possibilità di danni significativi agli ecosistemi.
Anche sul piano della compatibilità paesaggistica, le misure imposte risultano poco incisive. L’autorizzazione prevede l’uso di materiali e colori compatibili con l’ambiente circostante, nonché la rinaturalizzazione delle aree limitrofe all’impianto. Tuttavia, questa misura appare più simbolica che realmente efficace: la presenza di una grande infrastruttura industriale in un’area di alto valore paesaggistico difficilmente potrà essere mitigata con accorgimenti estetici. La Soprintendenza aveva evidenziato l’impatto irreversibile dell’opera sul paesaggio, e queste prescrizioni non sembrano in grado di rispondere a questa criticità.
Un altro punto debole è il monitoraggio e i controlli post-realizzazione, previsti per valutare gli effetti del progetto nel tempo. L’autorizzazione stabilisce che gli impatti sulla qualità delle acque, sulla biodiversità e sulla falda acquifera dovranno essere monitorati e comunicati agli enti di controllo. Tuttavia, questa misura appare un palliativo più che una reale tutela, poiché la Regione ha evitato di effettuare un’adeguata valutazione degli impatti prima della realizzazione dell’opera, demandando il problema a fasi successive. Questo approccio contrasta con il principio di precauzione, che impone di verificare gli impatti prima di autorizzare un’opera di tale portata.
Infine, sul piano procedurale, è previsto che, prima dell’inizio dei lavori, il proponente presenti uno studio aggiornato sugli impatti cumulativi, considerando anche altri progetti presenti nell’area. Se da un lato questa disposizione riconosce l’importanza di una valutazione più ampia, dall’altro evidenzia una grave lacuna del processo autorizzativo, poiché uno studio di questo tipo avrebbe dovuto essere effettuato prima dell’approvazione, non dopo. Inoltre, la possibilità di revocare l’autorizzazione in caso di inadempienze appare più una formalità che una reale garanzia, poiché l’esperienza dimostra che raramente misure di questo tipo vengono effettivamente applicate.
Conclusioni
L’autorizzazione paesaggistica per il dissalatore del Tara presenta gravissime criticità. Le misure di mitigazione previste dalla Regione Puglia, anziché rappresentare una vera garanzia, confermano le debolezze dell’autorizzazione e la mancanza di una strategia realmente sostenibile. Il progetto del dissalatore continua a sollevare forti dubbi sulla sua compatibilità ambientale e paesaggistica, rendendo sempre più urgente un riesame approfondito prima che vengano compiuti danni irreversibili.