«Si è venduto all’Ilva. Anche questo si dice adesso di me. Basta odio. Basta dicerie e maldicenze. Se dopo anni in prima linea nella battaglia ambientalista mi sono un po’ defilato è solo per questioni di lavoro. Ho sentito in giro delle menzogne gravissime sul mio conto. Questo mi ferisce». È l’amaro sfogo di Fabio Matacchiera, ambientalista di lungo corso, già presidente dell’associazione Caretta caretta e del Fondo Antidiossina Onlus, docente, produttore del corto “Oltre le nubi” (proprio sugli effetti devastanti dei veleni della grande industria) che ottenne una menzione speciale per l’Ambiente alla 72esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2015.
Matacchiera è stato sempre in trincea nella lotta contro l’inquinamento e in difesa del territorio, documentando, sin dagli inizi degli anni Novanta, scarichi di sostanze oleose in mare, discariche abusive, emissioni notturne e subendo per questo inevitabili ripercussioni.
«La mia assenza dai cortei, dalle manifestazioni, dalle petizioni, dai sit in, da tutto ciò che riguarda – spiega in una nota Matacchiera – il variegato e, talvolta, controverso mondo degli ambientalisti, sta generando un po’ di dubbi e perplessità e anche false convinzioni e dicerie sulla mia persona. Per le mie battaglie da ambientalista a favore di questa sfortunata città di Taranto mi sono speso tantissimo. E alle mie denunce sacrosante seguivano automaticamente minacce pesanti e querele».
Matacchiera ricorda che «persino i Riva, i vecchi proprietari dell’immensa acciaieria di Taranto, ci hanno pensato, presentando nei miei confronti due denunce per diffamazione, una delle quali mi costò un avviso di garanzia la vigilia di Natale di 14 anni fa. Sono stato denunciato 19 volte e sono stato rinviato a giudizio in 11 processi, di cui uno a Milano, perché la sede legale dell’Ilva spa (parte offesa) era lì». Grazie «al supporto legale – aggiunge – di tanti bravissimi avvocati, che mi hanno difeso, alcuni anche gratuitamente perché hanno sposato la mia causa, sono sempre stato assolto e, a tutt’oggi, la mia fedina penale è candida».
Il presidente del Fondo Antidiossina subì anche una sorta di gogna mediatica dopo la sua denuncia sulle “cozze alla diossina”. Era il gennaio del 2011. Otto mesi dopo «i risultati delle analisi, commissionate – spiega – al Consorzio Interuniversitario Chimica per l’ambiente di Marghera (Venezia), confermarono che le diossine e i pcb avevano effettivamente contaminato quei mitili. Poi la Regione, anche sulla scorta delle mie denunce che portarono a controlli serrati, ha imposto i noti divieti che riguardano il primo seno del mar Piccolo. All’epoca mi accusarono di aver “procurato allarme”, di essere un “millantatore”, un “terrorista”, un “distruttore della cultura e dell’economia della città”. Fui minacciato e costretto a vivere per mesi in un clima di terrore. Cercarono di isolarmi, screditandomi, ma sapevo che il tempo e i fatti prima o poi mi avrebbero dato ragione».
Matacchiera negli ultimi anni si è dedicato alla realizzazione di strumentazione sottomarina per la ricerca e per la comunicazione, in particolare una telecamera, entrata a far parte della dotazione di Nuclei sommozzatori dei Vigili del fuoco, Università e sedi nazionali dell’Arpa e del Cnr. «Tutto questo – osserva Fabio Matacchiera – per me è motivo di grande soddisfazione dopo 24 anni di duro lavoro fatto di tanti sacrifici, impegnandomi di giorno e di notte, creando, distruggendo, ricreando, provando e riprovando. Scendendo in profondità estreme in mare in ogni stagione e con ogni temperatura».
Matacchiera non ha certo bisogno di «vendersi all’Ilva» come gli «haters e i denigratori di professione – conclude – raccontano per cercare di mettermi in cattiva luce. Basta odio. Basta falsità. Taranto ha bisogno di pacificazione, di coraggio e di unità d’intenti per vincere le sue sfide e sentirsi veramente libera. Rimango fermamente convinto che quella fabbrica debba essere chiusa al più presto perché in quelle condizioni continuerà a provocare malattie e morte».