È la festa dell’antifascismo. L’antifascismo era un fronte ampio, che comprendeva cattolici, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali, azionisti. E’ da quel l’alleanza che nasce la nostra Costituzione. E’ il giorno in cui si celebra la morte della dittatura e la nascita della democrazia.
Però bisogna almeno aprire i libri di storia altrimenti la si può agevolmente buttare in caciara, come succede da tempo a vari livelli.
L’antifascismo era dunque un fronte ampio e la “costituzione più bella del mondo” nasce da lì. Il problema vero, forse, è che le destre italiane tutt’ora non si riconoscono appieno nei valori costituzionali. Tutto nasce da lì. Quei valori che nascono proprio dalla lotta al nazifascismo. In tv e sui giornali è sempre la stessa solfa. La differenza tra libertà e Liberazione. Le testimonianze di chi c’era, per forza di cose sempre più rare. L’indifferenza. Il revisionismo.
E’ difficile raccontare la Festa della Liberazione.
Sempre di più, e lo sarà sempre di più.
Proviamo a partire dalle basi, che altro non sono se non i fondamenti del nostro vivere civile.
Il 25 aprile non è un’opinione, è l’anniversario della Liberazione d’Italia, è la festa nazionale della Repubblica Italiana che celebra espressamente la fine dell’occupazione nazista e del regime fascista. E’ storia.
Non è quindi la festa di una vaga generica “libertà” slegata dalla giustizia sociale, come qualche distratto ciclicamente prova a raccontare.
Non ci sarebbe stata libertà viva, fondante, in Italia senza Liberazione, senza quel senso di affrancamento dal fascismo e dalla guerra che ne è conseguita. Non diciamo nulla di nuovo.
Ma il 25 aprile è l’evento fondativo della Repubblica italiana. Non è folklore, è memoria. Anno dopo anno, purtroppo, sembra quasi che la memoria sia più fragile, e che si festeggi con uno schema sempre più assurdo, da “par condicio”, dove alle celebrazioni non viene mai fatta mancare una feroce critica alle stesse, ispirandosi sempre più “all’indifferentismo, come se il 25 aprile non ricordasse alcunché di particolare”.
Giorgio Bocca, partigiano, diceva che “la metà degli italiani è fascista”. Forse non è più vero, forse ormai metà degli italiani semplicemente “non è antifascista”: un problema ugualmente grave.
Trent’anni fa solo la destra estrema e inguardabile attaccava questa giornata: ora è in “buona” compagnia. Ci sono sindaci di centrodestra che negano la piazza, perché trattasi di “festa divisiva”.
E poi si mettono sullo stesso piano nazifascisti e partigiani, perché “bisogna ricordare i caduti di tutte le nazioni”.
L’unica divisione che il 25 aprile fa – intrinsecamente – è tra fascisti e antifascisti. Tertium non datur.
Definirsi antifascisti e dirsi italiani è la stessa cosa. Il fascismo è una, anzi è “la” vergogna indelebile nella nostra storia.
C’è chi attacca la Festa della Liberazione e la lotta partigiana con ogni pretesto. Replicare e infilarsi dentro alle polemiche significherebbe fare il gioco di chi considera la Festa della Liberazione una ricorrenza come tante, su cui dire la propria opinione a sproposito, su cui scrivere un dimenticabile post su Twitter o Facebook per raccattare qualche decina di like in una bolla social irrilevante, in modo da legare sagacemente una giornata dal significato chiarissimo al commento dell’attualità a tutti i costi.
Ma il 25 aprile non è nemmeno una ricorrenza: è un fatto, è storia, e non c’è bisogno di frasi altisonanti.
Certo, è difficile parlare della Resistenza ai giovani d’oggi. E’ qualcosa di vecchio, di antico per i nati nel nuovo millennio. Un film con le immagini sgranate e in bianco e nero. La soluzione più intelligente è lasciar parlare – almeno il 25 aprile – quelle donne e quegli uomini che, prima di trovare la morte, lasciarono un ultimo pensiero. Le lettere sono affilate e senza filtri. Scaraventano il passato nella nostra quotidianità con la forza e la nitidezza che solo la parola scritta può avere. Leggerle, e spendere così qualche minuto nel giorno della Liberazione, è una buona idea.
“Quando sarai grande capirai meglio, ti chiedo una cosa sola: studia”, scriveva Paola Garelli, partigiana, in una lettera alla figlia, poco prima di essere fucilata da un plotone fascista. Aveva 28 anni.
Buon 25 Aprile a tutti!