“Nei giorni scorsi mi sono fermato a guardare un bellissimo film con Antonio Albanese “Grazie ragazzi”, che parla di carcere e teatro. Una frase mi ha colpito: “E’ come scalare l’Everest, non ci si può fermare a pochi passi dalla vetta, bisogna raggiungerla”.
Immediatamente ho associato questa frase a quanto sta avvenendo a Taranto in questi giorni. L’organizzazione dei Giochi del Mediterraneo è diventata una scalata. Una scalata per un’intera comunità vilipesa e stuprata da decenni di sofferenza. Una comunità che tenacemente vuole raggiungere la vetta e far sventolare la bandiera rossoblu.
Proprio nel momento più importante, però, sembra accadere l’inverosimile. In ogni scalata, infatti, il compito dei capi cordata è di piantare chiodi ben solidi nella roccia per agevolare la salita di tutti. Invece, ora, quei chiodi appaiono instabili e sdrucciolevoli e tutta la cordata rischia di cedere.
Tutto potrebbe franare: progettualità, speranze, un futuro diverso. I capi cordata sembrano non rendersene conto, ognuno assegna colpe agli altri. Ma in questo momento, per scalare l’Everest dei Giochi del Mediterraneo, forse non occorrono capi cordata, né tarantini, né di altre città. In questo momento per arrivare in cima occorrono gli sherpa: infaticabili, leali, coraggiosi.
I tarantini meritano i Giochi del Mediterraneo del 2026. Sono una grande opportunità per la nostra città e per gli altri territori pugliesi coinvolti nell’evento. Però non basta proclamarlo, ora è necessario caricarsi il peso della responsabilità e operare in favore della coesione sociale.
La vetta è a pochi metri, non possiamo fermarci! Il nostro impegno è far sventolare con orgoglio su Taranto la bandiera dei Giochi del Mediterraneo. Nessuno potrà cambiare questo destino. Gli sherpa non lo permetteranno”.