La blindatura del decreto legge sulle misure urgenti per gli impianti strategici, tra i quali spicca Acciaierie d’Italia, è un’occasione persa per l’esecutivo nazionale.
Oltre a un’esagerata prova di forza, che ha cancellato gli emendamenti presentati da ogni schieramento, anche dalla stessa maggioranza, abbiamo assistito all’ulteriore rallentamento di quel processo virtuoso sul quale avevamo comunque registrato un’apertura da parte del ministro Adolfo Urso: la definizione dell’accordo di programma.
In molti di quegli emendamenti, infatti, e soprattutto in quelli del Pd, erano state poste alcune questioni di merito molto importanti per iniziare a ragionare dei dettagli dell’accordo. La loro approvazione ci avrebbe consentito di ridurre i tempi della procedura, insomma, ma il Governo ha preferito consolidare la posizione dell’azienda, ponendo in secondo piano le legittime aspirazioni della comunità.
Ne prendiamo atto, senza evitare di censurare un atteggiamento che non depone affatto a favore della prospettiva che abbiamo costruito sin dal 2017: accompagnare la conversione del territorio verso un modello sostenibile che, finalmente, tenesse insieme tutti i diritti fondamentali.
Vogliamo credere che sia un incidente di percorso, che venga sanato dalla tempestiva attivazione della cabina di regia che lavorerà materialmente alla redazione dell’accordo di programma. Se così non dovesse essere, il Governo avrà perso non solo questa occasione, ma la credibilità che deve aver chiunque affronti questioni di tale delicatezza, così legate alle sofferenze della popolazione.
Dal canto nostro non cederemo di un millimetro, perché crediamo ancora che questa strada sia percorribile e che le parole del ministro Urso non possano essere cancellate come accaduto agli emendamenti.