La violenza sulle donne è un argomento molto dibattuto e, tante sono le iniziative tese a sensibilizzare e ad educare – soprattutto le nuove generazioni – al rispetto della donna e della sua posizione nella società, per scongiurare tutti quei fenomeni che da anni animano le pagine di cronaca nera e meglio identificati come “violenza di genere”.
Il fenomeno purtroppo è tristemente noto in tutto il territorio nazionale. Anche la nostra provincia non è stata risparmiata, e tra gli avvenimenti che hanno visto vittime le donne, uccise per mano di quello che ritenevano l’uomo della loro vita, non possiamo non ricordare Fiorenza De Luca, uccisa a Grottaglie dal compagno ora condannato all’ergastolo e Federica De Luca, uccisa insieme al figlioletto Andrea di appena tre anni, dal marito in seguito suicida.
Perché si chiama violenza di genere? Perché indica un atto di violenza ai danni di una donna in quanto tale. Come se l’essere donna fosse considerato uno stato minoritario.
Dopo la vicenda che ha scosso la nostra provincia con l’omicidio di Federica De Luca e del suo figlioletto, sono state avviate una serie di iniziative simboliche da vari comuni, che hanno in un qualche modo voluto esprimere il proprio disappunto verso fatti di questo tipo. in molti paesi infatti, e anche nella stessa città, sono state posizionate panchine di colore rosso per ricordare le vittime del femminicidio e per dire “No” a questa forma di violenza.
In occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, anche il Comune di Montemesola ha voluto aderire all’iniziativa “panchina rossa”, inaugurandone una in Piazza Mater Dei, domani appunto, alle ore 17.00.
L’iniziativa è stata fortemente voluta dal Movimento “Insieme”, attuale gruppo consiliare di maggioranza. Ne abbiamo parlato con il suo presidente Francesco Sgobio, il quale ha spiegato l’importanza di questo gesto simbolico. Una panchina rossa serve per fermarsi a riflettere: a riflettere su chi non c’è più per mano di sentimenti che molto spesso credeva fossero d’amore. Tantissime sono state le donne uccise dalla ferocia dei loro fidanzati, compagni, mariti e anche sconosciuti. Dunque il rosso, colore comunemente accostato all’amore, passione, femminilità e sensualità, nelle sue mille sfumature ci ricorda anche il colore del sangue versato a causa di una mano violenta, molto spesso omicida.
Secondo i dati Istat di giugno 2015, 6 milioni e 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale. Si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, quasi una su tre. Si può parlare di una vera e propria strage.
Molte non ci sono più, tante altre si porteranno dietro per sempre i segni di una violenza inaudita: si pensi ad esempio, alle donne cui è stato sfregiato il volto con l’acido, come a volerne annullare per sempre l’identità.
E’ bene educare dunque, educare alla riflessione, all’amore. Ma soprattutto educale alla cultura. Spiegare ad un bambino ogni volta, al suo passaggio, il perché di quella panchina rossa. E’ questo che il Movimento “Insieme” vuole donare alla cittadinanza: un motivo per riflettere.
L’iniziativa una “panchina rossa” a Montemesola vuole soprattutto indurre tutti i cittadini a fermarsi davanti ad essa per riflettere su una triste tematica, la violenza, ancora molto presente nella nostra società e stimolare un confronto sul cambiamento culturale necessario per combatterla e sconfiggerla.
Ed è proprio di questo che abbiamo bisogno: una rivoluzione culturale che spazzi via il concetto di sottomissione della donna all’uomo, e che – considerando anche l’altro lato della medaglia – renda la donna stessa superiore al concetto di violenza psicologica perpetrata ai danni di tutti quei mariti, divenuti ex, contro cui vengono scagliati i figli per personali risentimenti. Il confronto dovrebbe fare questo: spazzare via la violenza di genere e la violenza in genere. Non solo il 25 novembre, non solo l’8 marzo, ma 365 giorni l’anno.