Come ormai noto, la mitilicoltura tarantina, caposaldo della storia, della cultura e dell’occupazione oltre che rinomata eccellenza gastronomica della Città dei Due Mari, è duramente colpita, ormai da anni, da una ordinanza della Regione Puglia che impone lo spostamento delle cozze dal I seno del Mar Piccolo, entro il 28 febbraio di ogni anno, in altre aree già classificate. Questo costringe i mitilicoltori al trasferimento del prodotto nel II seno dello stesso Mar Piccolo, con conseguente sovraffollamento di mitili e ritardo della piena maturazione ai mesi più caldi dell’anno, quando la temperatura delle acque è così elevata da generare il fenomeno delle crisi anossiche, una drastica diminuzione dell’ossigeno disciolto nell’acqua che provoca la morte per asfissia dei molluschi bivalvi in allevamento, fatto che si è verificato per ben 6 annate nelle ultime 9 con la punta massima raggiunta nell’anno 2015, anno in cui si è perduto circa l’ 80% del prodotto.
La soluzione del problema fu presto individuata: sarebbe bastata un’area di almeno 300 mila metri quadri nel mar Grande, ove le correnti provenienti dal mare aperto rendono l’acqua più fresca, adibita allo stoccaggio collettivo del prodotto locale. Nonostante le scriventi associazioni si siano subito attivate, le varie amministrazioni che si sono succedute, a partire da quella targata Stefáno, non hanno prestato la dovuta attenzione verso questa situazione. Proprio in questi giorni, l’amministrazione, attraverso l’ufficio Demanio ha accettato una richiesta di concessione demaniale per 90 mila metri quadri avanzata circa 18 mesi fa, da un’ Organizzazione di Produttori associata, che permetterà di salvare un’esigua parte del prodotto allevato nel II seno. Seppur piccolo, questo passo è stato molto apprezzato dalla categoria che ringrazia l’amministrazione Melucci per la sensibilità dimostrata, con l’auspicio che sia solo il primo e che il progetto sia più ampio e preveda la concessione di un’area area molto più vasta, gestita direttamente dall’ amministrazione.
Detto ciò, sembra tuttavia non esserci pace per il settore: questa volta il problema riguarda le tasse. Infatti l’art. 100, comma 4, del decreto legge 104/2020, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126. prevede l’innalzamento del canone demaniale minimo, che passa, da 361,00€ (dato riferito al 2020) a 2500,00€ . Questo ulteriore costo non è lontanamente sostenibile dalle attività di pesca e soprattutto di mitilicoltura – acquacoltura, che, ricordiamo, si compongono per la stragrande maggioranza, di piccole aree situate nel Mar Piccolo e nel Mar Grande. Questo sicuramente comporterà un totale abbandono della tanto ricercata regolarità del comparto della mitilicoltura, che deve affrontare numerosi problemi oltre quelli di cui sopra, come la concorrenza col prodotto proveniente dall’estero, che non solo è inferiore dal punto di vista organolettico, ma che non viene sottoposto a controlli sanitari con la stessa frequenza e regolarità rispetto al prodotto locale e che viene importato in grandissime quantità, per non parlare della crisi economica causata dalla pandemia che ha fatalmente investito anche questo settore.
Per questo chiediamo all’ amministrazione Comunale , ed in particolare al sindaco Melucci per la sensibilità mostrata verso il settore ittico, di farsi portavoce politico, nei confronti del Governo al fine di risolvere l’annoso problema dei canoni demaniali e per chiedere l’esclusione delle attività di pesca e di acquacoltura dall’applicazione della soglia minima di 2500 euro per le concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale, introdotta appunto con il decreto 104/2020.