A causa del maltempo sono state rinviate di una settimana le elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali di Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto.
Ciò ha anche contribuito a far rimanere accesi i riflettori su questa “anomala” tornata elettorale. Infatti, in virtù della Legge Delrio (legge n. 56/2014) le province sono state declassate ad “enti di secondo livello”. Permangono i poteri e le competenze in capo alle singole province per cui i Consigli provinciali vengono eletti non dai cittadini, ma dai sindaci e consiglieri comunali dei comuni ricadenti nel territorio provinciale che, a Taranto, vedono impegnati 27 dei 29 Comuni in quanto due, Martina Franca e Palagiano, sono commissariati.
Ma è stata anche l’occasione per molti, soprattutto sui social, per lanciarsi in dichiarazioni populistiche di esasperata antipolitica o di rispolverare un acceso “dibattito” tra i sostenitori del SI e del NO nella recente tornata elettorale del Referendum del 4 dicembre scorso.
Tentiamo, allora, di avviare una riflessione più ragionata e meno impulsiva.
Sul destino delle Province, il movimentato dibattito politico con al centro l’obiettivo di eliminare un ente intermedio tra Comuni e Regione, ha portato all’attuale situazione. Ha generato, soprattutto negli ultimi cinque anni, un caos normativo caratterizzato da una schizofrenia del legislatore fino all’ultimo tentativo proposto con il referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. Nel frattempo, con le leggi di bilancio nazionale sono state tagliate notevoli risorse finanziarie, mentre le Regioni hanno messo in campo una serie di proposte legislative come ha fatto la Giunta regionale pugliese nel settembre 2015.
Come è noto l’esito della consultazione referendaria ha bocciato la proposta di soppressione e, di conseguenza, rimane l’incertezza sul futuro delle province.
Quello che occorre fare ora è ridisegnare compiti e funzioni poiché, una cosa è certa, l’ente mantiene rilevanza costituzionale ed autonomia finanziaria, si occupa di funzioni fondamentali come viabilità, edilizia scolastica, tutela ambientale e politiche di area vasta.
Ecco perché è giusto procedere al rinnovo del Consiglio Provinciale (al momento) con l’attuale legislazione che, va ricordato, in questo caso gli elettori sono solo i sindaci e i consiglieri comunali di tutti i Comuni della provincia i quali dispongono del cosiddetto “voto ponderato” che tiene conto del numero della popolazione di ogni singolo comune ed il conseguente peso del voto di ogni consigliere varia in riferimento al comune di appartenenza.
Successivamente va dunque ridisegnato il profilo giuridico della Provincia (alla luce della volontà espressa dal voto referendario) partendo dall’importante contributo di ANCI ed UPI. Ritengo che, a questo punto, sarebbe saggio restituire il potere ai cittadini-elettori di esprimere con il proprio voto il governo e i componenti dell’assemblea provinciale anche per evitare (come nel caso tarantino) che si continui nell’ambiguità di alleanze “strane” costruite, non nell’interesse dei territori, ma che rispondono a logiche e dinamiche non correlate agli interessi delle comunità amministrate.