La sentenza del processo denominato “Ambiente Svenduto”, da un punto di vista tecnico, fissa una prima, inequivocabile questione: il Comune di Taranto ha diritto a una provvisionale di 100mila euro.
Giuridicamente, la provvisionale è una sorta di anticipazione del risarcimento del danno da quantificare in sede civile, che il beneficiario può richiedere agli imputati, in questo caso specifico condannati in solido. L’amministrazione comunale, quindi, potrà rivalersi anche su uno solo tra questi.
«Procederemo velocemente con questa richiesta – le parole del sindaco Rinaldo Melucci – perché vogliamo destinare subito queste risorse alla riqualificazione del quartiere Tamburi, già oggetto di un piano radicale di interventi. Lo facciamo in attesa di poter rivendicare quel risarcimento più ampio che il tribunale penale ha riconosciuto, quando esauriti i tre gradi di giudizio potremo interpellare il tribunale civile».
Un risarcimento che ammonta a 10 miliardi di euro, richiesta che il Comune potrà esercitare nei confronti di alcuni imputati, ma non delle società coinvolte, contro le quali è già pendente un altro contenzioso al tribunale di Milano.
Da un punto di vista procedurale, inoltre, la Corte d’Assise ha ora 6 mesi per il deposito della sentenza, trascorsi i quali gli imputati potranno impugnarla, entro altri 45 giorni. Il processo d’appello, quindi, non sarà istruito prima di un anno a partire da oggi, salvo che la Corte non comunichi di aver bisogno di altro tempo.
La confisca degli impianti dell’area a caldo, infine, come stabilito dalla sentenza di primo grado sarà appannaggio esclusivo della Procura. «Con quell’azione si metterà nelle mani dello Stato quel che può definirsi il corpo del reato – ha spiegato il primo cittadino –, salvo che nel frattempo sia lo Stato stesso a intervenire, attivando quell’accordo di programma che chiediamo da mesi per governare questo passaggio cruciale».