“Cambiare tutto, per non cambiare niente. E’ questo il timore che nutriamo per il futuro dello stabilimento siderurgico di Taranto”. Lo afferma il consigliere regionale Vincenzo Di Gregorio (Pd) commentando l’ingresso di Invitalia, cioè dello Stato, nella gestione dell’acciaio italiano.
“Una partecipazione attesa e annunciata come elemento regolatore e di controllo – continua Di Gregorio – Pensavamo ad un’opportunità per riconsiderare il futuro di Taranto e della siderurgia, mettendo al centro della riconversione le esigenze prioritarie di tutela della salute, le bonifiche del territorio, l’avvio di nuovi ecosistemi di sviluppo. Il perfezionamento dell’accordo tra Invitalia e Arcelor Mittal entro maggio del 2022, è subordinato, invece, al determinarsi di precise condizioni sospensive che assomigliano tanto alla reintroduzione del cosiddetto scudo penale.
Ci sembra di ripercorrere un passato recentissimo, quasi un presente storico, fatto di tavoli istituzionali, di accordi, di veti, di proroghe, di ritardi, di ricatti, di ultimatum. Una trama che, ancora una volta, tiene insieme le ragioni della produzione e del profitto in danno delle esigenze della collettività tarantina che, lo ricordiamo per i distratti, è parte integrante dello Stato italiano.
Da quanto apprendiamo Acciaierie d’Italia nasce chiedendo la modifica del piano ambientale in vigore, già insufficiente; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto e l’assenza di misure restrittive. Non è questa la transizione ecologica che vogliamo. Non è questa la volontà più volte espressa dalle comunità locali anche attraverso l’azione di Regione Puglia e Amministrazione comunale di Taranto. Non è questa la soluzione. Questo è il problema!
Un problema aggravato dal massiccio ricorso alla cassa integrazione, dalla desertificazione dell’indotto. Da episodi di arroganza che non dovrebbero albergare in un Paese dell’Unione Europea. In definitiva, siamo di fronte ad un modello industriale ed economico che ha esaurito la sua spinta propulsiva. Taranto chiede di andare oltre, non è disposta a subire ulteriori ricatti. Questa partita, però, bisogna giocarla e vincerla tutti insieme. Non serve inseguire interessi di parte. Non avrebbe senso e sarebbe dannoso. In questi anni abbiamo assistito ad accordi sindacali ignorati clamorosamente, ad impegni con le imprese non rispettati. Occorre, invece, tenere tutte insieme le questioni. Quella dell’Accordo di programma potrebbe essere la cornice giusta per ripartire mettendo al centro, la salute, il benessere dei cittadini, il lavoro, la sicurezza delle maestranze, la bonifica del territorio, la riconversione di una realtà industriale il cui ridimensionamento sta nei fatti”.