Gent.mo Presidente del Consiglio dei Ministri, prof. Mario Draghi,
da oltre un anno il nostro Paese sta affrontando una delle fasi più dure e difficili della sua storia recente. Da quando ha esordito facendo conoscere i propri effetti, la pandemia originata dal COVID-19 sta provocando a livello sanitario e socio-economico gravissime lacerazioni, gran parte delle quali è già risultata drammaticamente insanabile.
Come ha giustamente rimarcato più volte nei Suoi messaggi alla Nazione, solo il rispetto delle regole dettate per contenere il diffondersi del virus ed il completamento della campagna vaccinale potranno accelerare il ritorno alla tanto agognata normalità. Siamo ancora in piena emergenza, ma l’auspicio di tutti è che questa possa essere messa definitivamente alle spalle. Sì, la speranza è che l’emergenza che stiamo vivendo possa diventare al più presto uno spiacevole ricordo.
Aggrapparsi soltanto alla speranza, però, signor Presidente del Consiglio, non sempre serve. Lo sanno bene i cittadini di Taranto che da decenni stanno affrontando un’emergenza di tutt’altra natura, ma parimenti devastante.
Un’emergenza che ho più volte evidenziato attraverso interrogazioni ed interpellanze parlamentari, attraverso interventi in Aula, attraverso un Ordine del Giorno con cui si è impegnato il Governo a prevedere per l’area di Taranto la creazione e la successiva applicazione di un regime di indennizzo capace di fornire un valido sostegno economico sia alle famiglie che devono fronteggiare spese sanitarie per cure oncologiche, sia a quelle che hanno subìto la perdita dei propri cari a seguito di patologie tumorali o comunque collegabili agli effetti dell’attività industriale inquinante.
Signor Presidente, desidero ricordarLe che Taranto è una città condannata a convivere con un destino disegnato da mani che non le appartengono e plasmato da volontà non sue, un destino che la vede soccombere in nome di un modello industriale ormai desueto e che, per questo, può diventare estremamente pericoloso per chiunque vi abbia a che fare.
L’ultima riprova si è avuta nel mattino del 5 aprile, 24 ore dopo la Santa Pasqua.
Per ragioni tutte da appurare, all’interno dello stabilimento siderurgico gestito dalla multinazionale Arcelor-Mittal si è verificata una forte esplosione seguita da un incendio che, stando alle segnalazioni di organizzazioni sindacali, solo per un miracolo non ha causato a personale ed impianti danni che si sarebbero potuti rivelare di una gravità inaudita.
A fronte di un simile scenario, però, l’Azienda ha provveduto quasi a “normalizzare”
l’accaduto sostenendo, attraverso una nota ufficiale, che non si è registrata alcuna interruzione del ciclo produttivo, che non si sono verificati danni agli operatori degli
impianti e che (come si legge testualmente nel comunicato aziendale) “gli addetti ed il sistema hanno gestito in sicurezza, secondo consolidate procedure, un evento di reazione in paniera durante la fase di colaggio nell’Acciaieria 2”.
Signor Presidente, un evento di tale portata, al di là dell’opinabile valutazione data allo stesso dai vertici dello stabilimento, ripropone ancora una volta i dubbi sulla reale sicurezza degli impianti del siderurgico e rilancia la necessità di verificare al più presto il loro livello di manutenzione.
Arrivati a questo punto, poco vale il fatto che fra non molto lo Stato italiano andrà a cogestire l’ex ILVA in virtù di un accordo che, siglato con Arcelor-Mittal, prevede investimenti per 2,1 miliardi di euro in 5 anni con spese per interventi ambientali, acquisti di forni elettrici e manutenzioni, il tutto per raggiungere nel 2025 il dichiarato obiettivo di una produzione di acciaio pari ad 8 milioni di tonnellate affiancata dal pieno impiego di tutti i dipendenti (si parla di 10.700 unità). Così come ipotizzata, questa intesa dovrebbe garantire una svolta “green” di cui un domani andrebbe a beneficiare anche e soprattutto l’intero territorio ionico.
Ma tutto questo non lascia affatto tranquilli né gli operai, né i cittadini di Taranto perché, al di là dei dubbi che comunque gravano sulla fattibilità del piano a livello ecologico, economico e tecnologico, c’è da dire che anche nel caso rispettasse alla lettera i prescritti obblighi ambientali, la “più grande acciaieria d’Europa” rappresenta sempre un rischio per la salute umana in ragione della specificità di un’attività industriale altamente inquinante.
Un’attività industriale che non può e non deve costringere Taranto a contare quotidianamente, fra i suoi cittadini, morti e malati.
Un’attività industriale di cui Taranto non vuole più continuare a respirare fumi e veleni.
Taranto e la sua gente hanno diritto ad un futuro migliore.
Signor Presidente, mi rivolgo a Lei e al Governo che presiede affinché possiate realizzarlo.
Ringraziandola per la Sua attenzione, Le porgo distinti saluti.