Il 5 marzo 2021, i Carabinieri del ROS – col supporto in fase esecutiva del Comando Provinciale Carabinieri di Taranto, del 6° Elinucleo di Bari, del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno (BA) e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori Puglia – hanno dato esecuzione, in provincia di Taranto, a due ordinanze applicative di misure cautelari rispettivamente emesse dal Tribunale di Lecce e dal Tribunale per i minorenni di Taranto su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce – che ha coordinato le indagini – nei confronti di 16 soggetti ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, scambio elettorale politico-mafioso, danneggiamenti, rapine, detenzione e porto illegale di armi e munizioni, anche da guerra, aggravati dal metodo mafioso.
I provvedimenti si collocano in una più ampia strategia di contrasto all’infiltrazione mafiosa nel distretto giudiziario e segnatamente nella provincia di Taranto nei confronti di fondatori e appartenenti alla Sacra Corona Unita, organizzazione che affonda le proprie radici nel rapporto privilegiato con la ‘ndrangheta.
Le indagini che hanno portato all’odierna misura cautelare – avviate nel 2018 per approfondire il contesto in cui erano maturati gravi episodi delittuosi tra cui il triplice omicidio di Palagiano, del 17 marzo 2014, e l’omicidio del pregiudicato GALEANDRO Francesco, avvenuto in Pulsano il 22 luglio 2016 – hanno permesso di documentare esistenza e operatività di un sodalizio mafioso attivo nei comuni di Pulsano (TA), Leporano (TA) ed altre aree della provincia di Taranto, capeggiato da A.M. e federato aa un clan predominante nell’area di Crispiano.
Gli attuali assetti criminali del contesto territoriale conseguono, tra l’altro, proprio all’omicidio di Galeandro Francesco del quale sarebbe responsabile, quale mandante, il menzionato A.M. (al momento ristretto per tali fatti poichè condannato ad anni 30 di reclusione nel giudizio di 2° grado), che avrebbe agito al fine di acquisire il controllo dello spaccio nell’area che altrimenti doveva condividere con il Galeandro stesso.
Le articolate investigazioni, oltre a definire ruoli e funzioni all’interno del sodalizio mafioso, hanno permesso di accertare come A.M., benché recluso, sia riuscito costantemente a impartire dal carcere le linee d’azione ai reggenti, S.P. e C.D., i quali hanno provveduto alla direzione delle attività illecite sul territorio, al versamento di una contribuzione periodica in favore del clan e al sostentamento degli affiliati detenuti e delle rispettive famiglie sfruttando la cassa comune ove confluiva parte dei proventi delle attività delittuose.
In tale quadro, anche grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e alla valorizzazione in chiave sistemica di elementi di prova emersi in altre indagini, è stata fatta luce sull’assetto interno dell’aggregato criminale, rilevandone l’articolazione in gradi (chiamati “doti”, similmente a quanto accade per la ‘ndrangheta), nonché i rituali di affiliazione dei neofiti che contribuivano a garantire un particolare controllo degli stessi.
Tra le attività illecite, oltre a numerose rapine agli esercizi commerciali della zona, particolare rilievo riveste quella di narcotraffico e spaccio di cocaina e hashish nell’area di Pulsano e Leporano, stupefacente approvvigionato nel leccese e da gruppi operanti nel tarantino e nel napoletano.
La particolare ampiezza dell’azione investigativa ha permesso, inoltre, di cristallizzare i tentativi di infiltrazione del clan nelle amministrazioni locali al fine di condizionarne i processi decisionali. In tale quadro, sono state poste in essere le tipiche condotte di scambio elettorale politico – mafioso. In proposito, le acquisizioni investigative hanno messo in luce che gli A. in occasione delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Leporano del 2019, avrebbero stretto un patto politico-mafioso con i candidati V.D. – moglie del reggente del clan C.D. – e A.A, in forza del quale, a fronte del sostegno elettorale, i due candidati avrebbero procurato posti di lavoro e/o appalti a ditte di riferimento del sodalizio (gli interessati non sono stati eletti).
L’organizzazione, di cui è stata documentata la disponibilità di armi ed esplosivi, ha esercitato sistematiche attività di intimidazione sul territorio e in danno di appartenenti ad altri gruppi delinquenziali, contribuendo ad ingenerare sulla locale comunità la tipica condizione di assoggettamento ed omertà cardine del metodo mafioso.
Contestualmente alle misure cautelari, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni mobili, immobili e rapporti bancari emesso dal Tribunale di Lecce per un ammontare complessivo di circa mezzo milione di euro.