Nelle mani della Magistratura, oggi, vi sono elementi nuovi e importanti che, per la prima volta, mettono nero su bianco la correlazione tra morte e inquinamento ambientale a Taranto.
Questo è stato possibile grazie alla tenacia di una famiglia che, nell’immenso dolore che li ha colpiti per la perdita di un figlio di soli 5 anni, ha trovato la forza di consegnare nelle mani della giustizia evidenze importantissime, venute fuori dopo una serie di consulenze effettuate in seguito alla morte del piccolo Lorenzo Zaratta, avvenuta nel 2014.
A Lorenzo fu diagnosticato un tumore al cervello quando aveva solo 3 mesi. Per la sua morte sono stati iscritti nel registro degli indagati, con l’accusa di omicidio colposo, 9 dirigenti della ex Ilva.
«Tutto è iniziato nel 2012. Pur condividendo le motivazioni di chi scendeva in piazza, non mi sono mai esposto per via del mio lavoro. All’epoca ero un militare» dice a Tarantinitime.it Mauro Zaratta, papà del piccolo Lorenzo.
«Quell’estate però, decisi che sarei sceso in piazza a sostegno della Magistratura che aveva avuto il coraggio di opporsi all’industria, portando la testimonianza del mio dolore, la sofferenza dei genitori di un bimbo malato di tumore. Non ho mai detto che mio figlio si fosse ammalato a causa dell’Ilva. Non avevo mai accostato la fabbrica alla malattia di mio figlio».
Lorenzo, però, entra nel cuore di tutti e diventa il simbolo della lotta all’inquinamento. Lorenzo, detto “Lollo”, uno dei tantissimi bambini di Taranto che voleva vivere.
Il sorriso di Lorenzo si spegne il 30 luglio del 2014.
«Quando Lorenzo morì – ci racconta sempre il papà – molti medici offrirono la loro disponibilità ad effettuare esami ed accertamenti. Il primo fu effettuato dalla dottoressa Antonietta Gatti della Nanodiagnostics di Modena. Fu lei la prima ad accorgersi della presenza di corpi estranei nel cervello di Lorenzo. Davanti a questa evidenza, ho capito che dovevo fare qualcosa, dovevo portare ai giudici questi risultati perché avrebbero potuto esserci dei responsabili».
In questo lungo percorso Mauro e sua moglie Roberta, sono stati affiancati dall’avvocato Leonardo La Porta e dalla dottoressa Annamaria Moschetti.
«E’ importante precisare che la famiglia Zaratta non ha mai voluto denunciare nessuno – dice al nostro giornale l’avvocato La Porta –. La famiglia Zaratta ha voluto solamente produrre elementi ed evidenze che siano d’aiuto alla Magistratura, affinché si possa trovare una soluzione a questo problema e dire basta alle morti per inquinamento. Sappiamo bene – prosegue l’avvocato La Porta – che questa non è una sentenza, ma il fatto che la Magistratura abbia ritenuto di individuare 9 presunti responsabili, è un elemento in più. Il percorso per arrivare a tanto è stato lungo e difficile: ci sono volute tre consulenze importanti per arrivare a dimostrare una correlazione tra la malattia che ha ucciso Lorenzo e gli inquinanti immessi nell’aria dalla fabbrica. L’obiettivo di questo processo è fare in modo che non vi siano più processi come questo, che non si cerchi più nell’inquinamento la responsabilità per la morte di un bambino. Noi vogliamo che questo rischio non si ripresenti, vogliamo bloccare questa carneficina. Non vogliamo che i nostri figli muoiano per inquinamento».
Lorenzo aveva solo tre mesi quando l’incubo chiamato cancro ha bussato alla porta della sua famiglia. «Lorenzo ha lottato per tutta la sua vita» racconta suo padre.
«Ha subito 28 interventi, ma aveva sempre il sorriso e appena si risvegliava dal coma o era fuori dalla rianimazione, aveva voglia di giocare e andare sul dondolo. Rideva sempre, giocava sempre. Era un bimbo eccezionale».
Mauro e la sua famiglia si trasferirono a Firenze, dove vivono tutt’ora.
«Una città che ci ha accolto calorosamente e che ha saputo voler bene a Lorenzo».
Abbiamo chiesto a Mauro Zaratta cosa si sente di dire a tutti quei genitori di Taranto e non, che hanno perso il proprio figlio a causa di malattie che non lasciano scampo e che, magari, pur nutrendo il dubbio che la morte dei loro piccoli sia avvenuta a causa dell’inquinamento, non hanno avuto la forza o la possibilità di intraprendere una lunga battaglia.
«A questi genitori mi sento di dire che sto combattendo anche per loro e per i loro bambini».
Il sacrificio di Lorenzo risveglia le coscienze e ci restituisce una verità importante. Il suo nome adesso è luce su una importante consapevolezza. Ci auguriamo illumini anche chi con ipocrite strette di mano e becera propaganda, ha sacrificato le speranze di questa città, passando da “Ilva chiusa” a “no alla chiusura” per i propri interessi e per la propria carriera politica (si spera al capolinea).