Finché sento parlare, tutto nella stessa equazione, di rifacimento di altiforni, di piena occupazione dentro allo stabilimento siderurgico, di piani sconosciuti del Governo e persino di sostenibilità ambientale col carbone, mi sento soltanto preso in giro, e con me sicuramente la maggioranza dei tarantini.
Una equazione credibile e trasparente dovrebbe contenere esclusivamente la valutazione del danno sanitario, la completa decarbonizzazione ovvero la chiusura dell’area a caldo, la riqualificazione o l’accompagnamento degli esuberi, le bonifiche, persino l’arretramento fisico dello stabilimento siderurgico dalla città e dal porto, un accordo di programma quindi.
Il Governo dovrebbe spiegarci in fretta che tipo di mandato ha fornito al negoziatore Domenico Arcuri e quali obiettivi il suo accordo si prefigge, soprattutto se questi obiettivi siano orientati realmente alla soddisfazione dei tarantini e alla tutela della vita umana e dell’ecosistema. E chi guiderà, poi, questa nuova fase dell’ex Ilva? Purtroppo, non sono più sufficienti gli annunci sul cosiddetto cantiere Taranto, tutto ha il sapore di un grande palliativo, se il piano è quello di marzo con gli altiforni 4 e 5 ed un solo forno elettrico.
Vari Governi hanno bruciato 50 miliardi per salvare quella fabbrica e solo le ragioni del lavoro e del mercato dal 2012, per altro col contributo di commissari non sempre sintonizzati con l’esigenza di riconversione espressa dalla comunità. Ora, questo Governo è chiamato a lasciare da parte i tanti proclami confusi e timorosi e ad abbracciare uno degli scenari più innovativi proposti dall’advisor Boston Consulting, che richiede almeno 5 miliardi di investimenti in tecnologie autenticamente verdi e la ricollocazione o l’accompagnamento di almeno 5000 esuberi. Cosa vogliamo fare del Recovery Plan o del Piano Sud altrimenti in questo Paese? Tutto il resto è irricevibile per Taranto e ci costringerà ad una resistenza strenua, in ogni sede istituzionale e non. So per certo che questa sia la posizione anche della Provincia di Taranto e della Regione Puglia.
Nei prossimi giorni coinvolgeremo i lavoratori (i tarantini, visto che i genovesi hanno già parlato e stanno come sempre vincendo la loro piccola partita, che equivale a costringerci a tenere in piedi l’area a caldo), i semplici cittadini, il mondo delle imprese, le associazioni, tutti i rappresentanti politici ed istituzionali del territorio, tutti quelli che sono sempre giustamente rigorosi nell’analizzare le azioni dell’Amministrazione comunale. È solo il sindaco che la pensa così ormai? Davvero vogliamo mancare anche questo appuntamento con la storia? E il mio partito, dopo aver licenziato un documento strategico assai coraggioso e concreto sulla riconversione di Taranto, ha preso nota del grido di allarme lanciato dal livello provinciale e regionale? E l’altra forza di Governo, che addirittura voleva la chiusura dell’intero stabilimento tarantino, come tollera oggi certe dichiarazioni e posizioni dei ministri interessati al dossier ex Ilva?
Abbiamo ancora poche ore, poi sapremo davvero quale futuro ha in mente il Governo per Taranto ed esso, e solo esso, si assumerà le proprie responsabilità davanti ai nostri figli e agli elettori. Possiamo ancora evitare l’ennesima strage di Stato e salvare la credibilità del sistema Italia davanti all’UE, ma bisogna osare adesso.