Dopo settimane di “non ricordo” e “non so”, il killer di Eleonora Manta e Daniele De Santis, Antonio De Marco, avrebbe confidato ai suoi legali, Andrea Starace e Giovanni Bellisario, di voler parlare con i magistrati e fornire una piena confessione sul movente del duplice omicidio del 21 settembre, in via Montello, a Lecce.
Il 21enne, studente di Scienze infermieristiche a Lecce, ma originario di Casarano, era stato sottoposto a fermo il 28 settembre, ad una settimana esatta dal massacro dei due fidanzati di Lecce e, detenuto attualmente nel carcere di Borgo “San Nicola”, con l’accusa di omicidio volontario aggravato da premeditazione, dai futili motivi e dalla crudeltà.
Le indagini, guidate dalla pm Maria Consolata Moschettini e dal Procuratore capo Leonardo Leone De Castris – e gli aggiunti Elsa Valeria Mignone e Guglielmo Cataldi – avevano condotto a lui, Giovanni Antonio De Marco, seguendo le tracce di un delitto “imperfetto”, in soli 7 giorni.
Bloccato la sera del 28 settembre dai carabinieri, nell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, saranno le impronte, i filmati, i 5 bigliettini con il cronoprogramma che il killer perde mentre si allontana dalla scena del delitto e ritrovati nel piazzale antistante il condominio di via Montello; la visione delle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza, le intercettazioni, i pedinamenti; la descrizione delle fattezza fisiche fornita da un testimone oculare, il frammento di un guanto, il confronto delle impronte digitali con una banconota spesa dall’indagato il 26 settembre e il dna confrontato con le tracce rilevate su due preservativi e alcuni fazzoletti utilizzati con una escort il 27 settembre, oltre alla parziale comparazione della grafia con i foglietti ritrovati, ad incastrarlo.
Studente universitario, svolgeva il suo tirocinio all’Ospedale “Vito Fazzi” e da un anno aveva preso in affitto una stanza nell’appartamento del 33enne Daniele, arbitro stimato originario di Lecce – da poco promosso ad arbitrare nella Lega di serie B – e amministratore condominiale, che di quell’appartamento ne era il proprietario.
Il giovane infermiere aveva vissuto lì, nella casa teatro del massacro, dall’ottobre 2019 e fino al 28 agosto 2020 (con una interruzione della convivenza durante il lockdown).
Una convivenza apparentemente tranquilla: nessun livore, nessun contrasto, nessun conflitto. Poi anche Eleonora, psicologa di 30 anni, nata a Seclì e da poco impiegata all’INPS di Brindisi, che nella casa del suo fidanzato era spesso presente e che di quel ragazzo avrebbe parlato con alcune amiche, dicendo di sentirsi a disagio per quella presenza. Nessun motivo particolare, solo una sensazione.
Ed è forse quella sensazione di Eleonora, confidata magari al suo fidanzato Daniele, che indurrà l’arbitro leccese a non rinnovare il contratto di affitto ad Antonio De Marco.
Una decisione che potrebbe aver instillato nel giovane studente un’idea malsana: forse un piano di rivalsa nei confronti di quella coppia “felice”. Quello studente che prima di lasciare la stanza, aveva fatto un duplicato delle chiavi di casa della coppia.
E con quelle chiavi, la sera del 21 settembre è entrato di soppiatto, con un passamontagna a coprirgli il volto, mentre i due fidanzati si trovano in casa, a cena. Le cose non vanno, però, come De Marco le aveva immaginate nei periodi precedenti l’omicidio: perché quella sera (poco prima delle 21.30) si imbatte in Daniele nel corridoio dell’abitazione.
L’arbitro si spaventa, ma scopre il volto a De Marco che inizia ad accanirsi su di lui con un coltello, colpendolo anche al volto, mentre Daniele tenta di fuggire e di chiamare aiuto con il suo telefono, senza riuscirci.
Poi De Marco si scaglia su Eleonora, che corre verso l’ingresso di casa e che ucciderà per prima e, infine, seguirà fino alla rampa di scale del piano sottostante, Daniele. Senza alcuna pietà, sferrando diverse coltellate, mentre l’arbitro gli implora più volte di fermarsi.
“Crudeltà raggelante”, così la definisce il gip Michele Toriello nell’ordinanza di convalida del fermo di De Marco, alla fine di 3 ore di interrogatorio. “Una crudeltà aggravata dalla progettazione di un ulteriore e raggelante corredo di condotte atroci (…) nato senza alcun serio motivo scatenante – aggiunge il gip – (…) lucidamente pianificato e perpetrato.”
Irrilevante, per il gip Toriello, la mancanza di precedenti di polizia del soggetto. Perché, come scrive nell’ordinanza di convalida “il fermato – se lasciato libero – commetterà delitti della stessa specie (…) avendo mostrato una inquietante capacità di porre in essere con ferocia atti di violenta aggressione alla vita delle persone sostanzialmente scelte a caso.”
Una bomba ad orologeria Antonio De Marco, pronta ad esplodere con ferocia, seguendo un programma dettagliato delle azioni da compiere prima, durante e dopo il bagno di sangue. Un programma ideato e preparato in ogni dettaglio, ben prima di quella sera e che anzi – si legge nell’ordinanza di convalida del fermo – il passare del tempo ha rafforzato il proposito criminoso, affinando il programma con accorgimenti atti a garantirne l’impunità.
Il cronoprogramma
Nei 5 bigliettini ritrovati nel piazzale del condominio di via Montello, l’assassino aveva scritto ogni singolo dettaglio di quel massacro. Primo biglietto: “Appena entrato – legare tutti – accendere tutti i fornelli e mettere l’acqua a bollire…Scrivere sul muro”;
Secondo biglietto: “Scendi alla fermata, attraversi e ri-attraversi in diagonale poco prima del bar. In via Veneto c’è il condominio a dx. A fine strada attento di fronte. Passare velocemente sul muro alto a sx.”;
Terzo biglietto: “Pulizia Lei/Lui: Acqua bollente – Candeggina. Poco prima di uscire soda”.
Sul quarto biglietto: “Nastrare le dita – prendere i guanti – coprire testa – cambio maglietta – vestizione – prendere coltello e fascette. (le fascette stringi tubo ritrovate nell’abitazione. Ndr) Slacciare scarpe”. infine, sul quinto biglietto, specifica finanche i minuti di tortura a cui avrebbe dovuto sottoporre Eleonora e Daniele “1. 15. 10/15 min. tortura; 30 min. caccia al tesoro – 30 min. pulizia; 15 min. di controllo generale”.
Torture e sadismo. Un rituale pianificato con lucida follia, questo sembra emergere dagli appunti di De Marco. De Marco che in questi giorni si è detto pentito di quanto accaduto e che sapeva, immaginava che sarebbe stato scoperto e arrestato.
Sul computer dell’infermiere, il perito della procura, l’ingegnere informatico Silverio Greco, ha rinvenuto una mail – mai inviata – scritta da Antonio ad una compagna di corso, in cui confessa di aver ucciso Eleonora e Daniele e infine una lettera, non si sa bene a chi fosse indirizzata. <<Non lasciatevi andare. Non fate quello che ho fatto io. Non avrei mai pensato di arrivare a fare ciò che ho fatto, né nessuno lo avrebbe mai pensato, ma ormai è successo e non posso più tornare indietro”. E ancora: “Sono sicuro che sarete sconvolti, ma non lasciatevi andare. Non fate quello che ho fatto io. Quello che è successo è perché mi sono perso. Voi non fatelo.>>
Questo duplice omicidio efferato avvenuto in poco meno di dieci minuti (35 coltellate inferte ad Eleonora e 25 al suo compagno Daniele), non trova ancora una spiegazione. Ed è ancora il movente, ad un mese esatto dalla morte di Daniele ed Eleonora, il punto oscuro di questo massacro. Una svolta potrebbe arrivare proprio in queste ore, con l’accoglimento della richiesta formalizzata dai legali di De Marco, di un’istanza di interrogatorio alla procura salentina.