Da un paio di settimane, l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale “Ss. Annunziata” di Taranto, probabilmente anche a causa di messaggi comunicativi che non saranno ricordati per la loro tempestività e chiarezza, è finita al centro di un vero e proprio caso.
Come è noto, tutto ruota attorno alla chiusura di quel Reparto. O meglio, alla sua “presunta chiusura” visto che se per alcuni è più che certa, per altri non c’è mai stata, né ci sarà. Come si può agevolmente intuire, chi afferma e chi nega stanno portando avanti due “verità” così stridenti tra loro fino al punto da disorientare non poco quei cittadini convinti di poter contare sempre, comunque e a lungo su una delle eccellenze della sanità ionica. Sì, perché l’efficienza dell’UTIN di Taranto è sempre stata riconosciuta, è sempre stata una certezza grazie, soprattutto, alla professionalità, all’abnegazione e al sacrificio di chi ci lavora. Una certezza che, invece, ha cominciato a vacillare paurosamente per una serie di circostanze che ho voluto verificare attraverso quello che ho ritenuto l’unico modo capace di fornirmi un quadro della situazione attendibile: recandomi personalmente nella struttura ospedaliera tarantina.
Già nel maggio dello scorso anno ho avuto occasione di prendere atto delle gravi difficoltà in cui è costretto ad operare l’intero personale di Neonatologia e dell’UTIN. Credevo che con il tempo le asperità sarebbero state superate, ma da allora nulla è cambiato. Anzi, qualcosa è sicuramente mutato, però in peggio. Nel corso della mia visita (che, ovviamente, è stata effettuata osservando tutte le dovute precauzioni e senza entrare in contatto con gli ambienti in cui sono ricoverati i neonati), ho avuto conferma che dall’inizio di luglio i Reparti al sesto piano del “Ss. Annunziata” devono fare a meno di tre medici costretti a dover fronteggiare problemi di salute tanto imprevisti quanto seri. Per quello che è il secondo punto nascita della Regione Puglia è stato un vero e proprio “colpo di grazia”. Difficile sostenere il contrario se si tiene conto che attualmente i medici in organico sono solo sei (a tal proposito, mi è stato riferito che per far funzionare in modo efficace sia Pediatria sia l’UTIN ne servirebbero il doppio).
La carenza di dirigenti neonatologi non è una novità per questi Reparti. Già lo scorso anno ho provveduto con un mio intervento alla Camera dei Deputati ad evidenziare questa criticità, anche se sembra che Taranto non sia una piazza ambita dai medici pediatri, come dimostra un recente concorso per 9 posti a tempo indeterminato presso il “Ss. Annunziata” a cui hanno partecipato solo in tre (di questi, uno alla fine ha pure rinunciato).
Intanto, stando a quanto si evince da un comunicato diramato nella giornata del 19 agosto, la ASL di Taranto si starebbe attivando, da un lato, pubblicando un avviso urgente per incarichi a tempo determinato per “dirigenti medici neonatologi intensivisti” e, dall’altro, chiedendo l’invio a Taranto di “neonatologi intensivisti” per garantire la piena funzionalità dell’UTIN. Insomma, sembra che qualcosa stia cominciando a muoversi anche se non riesco a trovare una spiegazione al perché di questa tempistica. Come mai, mi chiedo, si è deciso di porre riparo solo adesso ad una situazione che poteva esser prevista sin dall’inizio di luglio, vale a dire in concomitanza con l’indisponibilità di tre dirigenti medici? Forse, si credeva che i sei pediatri attualmente in servizio sarebbero stati in grado di “fare i salti mortali” pur di garantire la piena operatività dei due Reparti? Oppure, si è deciso di procedere con “avvisi per incarichi” e “richieste di personale” alla luce delle polemiche sollevate, in particolar modo a livello politico, per la delicatissima questione UTIN?
In attesa di risposte rivelatrici e ribadendo che i bambini nati nel capoluogo ionico hanno il diritto di essere curati (da subito) in una struttura sanitaria tarantina, posso affermare che l’UTIN è operativa solo parzialmente. Questo significa che non è a regime proprio a causa della carenza di medici pediatri. Mi è stato spiegato che le situazioni complesse possono essere gestite, ma se si deve far fronte ad un’emergenza (ad esempio, una crisi respiratoria che richiede l’intubazione del piccolissimo paziente con il conseguente suo ricovero in rianimazione), il neonato viene trasferito in un nosocomio (quello di riferimento è a Bari, a circa 100 chilometri di distanza) capace di garantirgli un’assistenza continua, 24 ore su 24, che allo stato l’UTIN di Taranto non può assicurare solo per la mancanza di personale.
Ecco, all’Unità di Terapia Intensiva Neonatale di Taranto la situazione è questa. L’auspicio è che non resti la stessa per molto e che tutte le soluzioni che si andranno ad adottare (si spera velocemente) possano risultare definitive per rispetto ad un territorio “condannato”, purtroppo, a convivere con emergenze di qualsiasi tipo.