Ogni giorno attendiamo col fiato sospeso risorse per le bonifiche e il rilancio economico, misure straordinarie per la salvaguardia dei posti di lavoro, sforzi coraggiosi perché nuove tecnologie non consentano che si perseveri in una produzione di acciaio incompatibile con la vita umana. Ad ogni telegiornale sgraniamo gli occhi per scovare tra i titoli novità non di facciata sul Cis Taranto e sul DL Taranto.
Ma niente, tutto quello che ci arriva sono solo e sempre notizie di abbuoni finanziari e contrattuali al privato e di carte bollate per prolungare l’agonia e la presa per i fondelli di centinaia di migliaia di cittadini del sud.
Nessuno slancio sincero per Taranto, ormai non c’è più nemmeno un briciolo di pudore e capita che ArcelorMittal, quello che definivano il “più grande” di tutti, quello “più sostenibile” e “giusto”, metta gli uffici legali a ferro e fuoco per ostacolare la richiesta di riesame dell’Aia avanzata dalle Istituzioni della Repubblica Italiana. Altri motivi aggiunti ieri sera, i peggiori di tutti stavolta, perché sembra evidente che non vogliano concedere, nel dibattito, alcun margine ai dati sulla valutazione del danno sanitario. E ciò nelle ore in cui tendono l’altra mano al Governo per un nuovo piano. Ci chiediamo quale sia il vero volto di ArcelorMittal. Dice bene il Ministro Patuanelli, la gara del 2017 andava aggiudicata valutando soprattuto i criteri ambientali.
Con questi presupposti come possiamo aspettarci che daranno mai aperture su di un accordo di programma che preveda la chiusura delle aree a caldo dello stabilimento, come a Genova già venti anni fa, non di più o di meno di Genova, esattamente come a Genova.
Ci rivolgiamo perciò al Presidente Conte: lei si presentò a tutti noi come l’avvocato degli italiani. Lei che anche dinnanzi ai comportamenti offensivi di ArcelorMittal ha risposto sempre con stile e senso di responsabilità. Prendiamo tutti consapevolezza che l’Italia può avere l’acciaio in altre maniere, accettiamo una volta per tutte il fatto che non sarà ArcelorMittal a salvare e riconvertire l’Ilva di Taranto, ce lo stanno dicendo a chiare lettere, stiamo facendo fatica inutile su tutti i tavoli negoziali ed istituzionali, sembra si stiano prendendo persino gioco della magistratura italiana.
Già la vedo in tv la ridda di esperti industrialisti che si riaccende e si scandalizza. Ma Taranto è stanca. Non vediamo più prospettive per il modello Ilva di ArcelorMittal, a queste condizioni siamo interessati solo alla chiusura.
Diversi Governi e quasi tre anni di lavoro intenso, senza pregiudizi, di tutti noi, non hanno prodotto progressi degni di nota. Presidente, ci difenda lei, interrompa subito ogni dialogo con questi signori, non c’è più niente da fare. Noi agiremo già da oggi di conseguenza. Sia il nostro avvocato. L’Italia saprà riorganizzarsi come sempre e saprà prendersi cura in maniera intelligente dei lavoratori.
Il sindaco
Rinaldo Melucci