Primo caso di sospetto coronavirus nel Salento. L’altro pomeriggio una donna di nazionalità cinese è andata al pronto soccorso dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce lamentando febbre e difficoltà respiratorie. Ha subito informato il triage di essere preoccupata perché nei giorni precedenti era stata a Roma dove aveva incontrato connazionali che erano stati in Cina. Gli infettivologi del Fazzi hanno confermato la presenza del coronavirus, ma sarà l’Istituto nazionale per le Malattie infettive Spallanzani di Roma a effettuare l’analisi sierologica per accertare a quale ceppo della famiglia di questi virus appartenga quello isolato a Lecce.
Le procedure prevedono il trasferimento al Policlinico di Bari, l’ospedale che è punto di riferimento per la gestione dei casi da sorvegliare in tutta la regione. In tutta la Puglia, oltre quello di Lecce ce ne sarebbero altri tre o quattro, ma è certo che sono stati allertati tutti i medici di famiglia, i pediatri di libera scelta, e i pronto soccorsi per un “triage facilitato” nei casi sospetti per consentire l’immediato isolamento del paziente. Il protocollo messo in atto dalla Regione è severo e nulla è lasciato al caso. La gestione dei casi è sotto la diretta sorveglianza del Ministero della Salute l’unico che potrà ufficializzare l’eventuale presenza di contagio, ma in tutte le regioni ci sono tantissimi medici che stanno vigilando sulla popolazione.
L’obiettivo è superare i 15 giorni di incubazione della malattia, a partire dal momento in cui la Cina, in particolare la città di Whuan, è stata isolata. Superato quel termine temporale si potrà tirare un sospiro di sollievo perché sarà evidente che è stato spezzato il rischio di una diffusa epidemia internazionale. Per la donna di nazionalità cinese ricoverata in isolamento agli Infettivi del Fazzi i medici ritengono probabile che non si tratti del ceppo “cattivo” del coronavirus, ma si tratta di aspettare gli esiti delle indagini dello Spallanzani. Bocche sigillate sul caso, ma è scontato che la paziente sia stata trasferita a Bari, così come prevede il protocollo.