C’è un mondo di seimila persone che oggi sembra impallidire di fronte ad una delle più emergenze del dopoguerra nel nostro territorio. Eppure quelle seimila persone, indicate sbrigativamente come “indotto”, oggi sono l’anima pulsante di quella fabbrica, e nessuno parla di loro, sprecando impegni per le imprese, e promettendo ammortizzatori sociali per chi è già più garantito di questi precari di lungo corso.
Così Paola Fresi, segretaria della FILCAMS CGIL Taranto, che dopo la levata di scudi della segreteria confederale e dei sindacati edili, richiama l’attenzione sul blocco delle portinerie imprese che continua a permanere davanti allo stabilimento di Arcelor Mittal a Taranto.
Siamo di fronte ad una partita surreale – spiega – con i lavoratori usati come pedine: gli stessi – continua – a cui non è consentito avere nessuna voce in capitolo sulla crisi.
Il riferimento è ovviamente ai seimila che dentro l’acciaieria tarantina si occupano di pulizie civili e industriali e delle mense.
Questo blocco che serve a Confindustria per fare il braccio di ferro e incassare gli arretrati – dice ancora la Fresi – di fatto lo pagano solo i lavoratori: quelli indiretti costretti a casa e all’oscuro sul loro futuro e quelli diretti che continuano a lavorare in un ambiente sporco e senza neanche poter consumare un pasto decente.
E’ una guerra tra poveri che indebolisce il fronte – termina Fresi – e che nel gioco del PIL, non sembra più interessare a nessuno.