“ArcelorMittal non può chiudere e andarsene per ragioni economiche, occupazionali e ambientali e lasciando grossi interrogativi circa la gestione delle materie prime. Nella peggiore delle ipotesi va mantenuto il preriscaldo. Va applicata la VIAAS da subito attraverso cui decidere il tetto di produzione di acciaio compatibile con la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute di cittadini e lavoratori. Finanziamenti ingenti (anche europei) al piano strategico per Taranto così come previsto dalla legge regionale speciale per Taranto e ritorno, in questi ultimi mesi, nella mani della politica e dei consiglieri tarantini della gestione del percorso. Costituzione di parte civile di Regione e Comune se le indagini aperte a Milano e Taranto dovessero sfociare in provvedimenti penali verso Mittal”.
Sono queste le richieste che il consigliere regionale Gianni Liviano, riepilogando quanto detto nel suo intervento in seno al Consiglio regionale convocato in seduta monotematica sulla vertenza ex Ilva, ha posto al presidente della Giunta regionale, Michele Emiliano, e ai consiglieri tutti.
In particolare, sull’applicazione della VIAAS, il consigliere regionale tarantino ha sottolineato come occorra ripartire da questa “per ridefinire piano industriale e piano ambientale dello stabilimento, piano delle bonifiche e piano di ricollocazione dei lavoratori in esubero consci che questione sociale, questione ambientale e questione sanitaria non vanno affrontate in maniera disgiunta ma integrata. Nessuna vittima, nè in fabbrica nè fuori dalla fabbrica, – ha aggiunto Liviano – può più essere tollerata così come il territorio non può essere condannato a subire drammi sanitari o sociali che siano. Occorre uscire dall’emergenza sanitaria del territorio, eliminare i rischi per chi lavora nello stabilimento, fornire alternative occupazionali agli espulsi dal ciclo produttivo e costruire uno sviluppo alternativo ecocompatibile per il territorio”.
Nel corso del suo intervento, Liviano ha citato gli esempi di Grandrage e Florange in Francia, Liegi e Charleroi in Belgio, quattro città in cui c’erano degli stabilimenti siderurgici. “Questi stabilimenti – ha fatto presente Liviano – ora sono chiusi e a chiuderli è stato un signore: il suo nome è Mittal. Così come nella primavera 2020 chiuderà, sempre per mano di Mittal, lo stabilimento di Indian Eirbur vicino Chicago senza tralasciare quelli in Polonia e uno nella base di Saldanha in Sudafrica salvo poi prepararsi ad acquistare il gruppo siderurgico indiano EssarSteel per 6.15 miliardi di euro. Ora, la domanda che occorre porsi è: la città di Taranto (al netto degli interessi strategici nazionali che in verità mi importano poco e in ossequio ai quali ritengo che la mia comunità abbia già dato) oggi, 18 novembre 2019, è in grado di fare a meno dell’impresa siderurgica? A Taranto ci sono 8.277 occupati, oltre l’indotto, senza considerare – ha aggiunto ancora – la mancanza dell’effetto di moltiplicazione dei redditi, la spesa sottratta i negozi che chiudono, insomma tutto ciò che consegue il dramma di tante migliaia di persone in una città già povera mandate a casa. E finanche ai fini ambientali (mia madre è morta di tumore e così parenti e amici) la chiusura, così come paventata da ArcelorMittal, è ancora più pericolosa”. Allora, che fare? Per Liviano la prima cosa da fare, sempre che ArcelorMittal non stia bluffando, “è chiedere la riconsegna degli impianti, e mantenerli in fase di preriscaldo, affidandoli a commissari tecnicamente un po’ più competenti”.
Non sono mancate le stoccate al presidente Emiliano per alcune dichiarazioni sulla questione troppo simili a spot elettorali e per il mancato finanziamento del piano strategico alla base della legge regionale speciale per Taranto. “Caro presidente, ai voli suborbitali preferiamo due linee aeree Ryanair che facciano scalo a Grottaglie con destinazioni differenti da quelle di Brindisi; ai voli suborbitali preferiamo che possa ancora partire il Frecciarossa dalla nostra città, che ci sta venendo sottratto e che invece al momento dell’inaugurazione fu salutato dal presidente Emiliano come avvio del cambiamento per Taranto. Vorremmo una sanità decente perchè com’è noto noi ci ammaliamo e molti tra noi muoiono. Vorremmo che i nostri figli avessero qualche possibilità di studiare a Taranto: magari con un’offerta formativa coerente con l’identità e la vocazione del territorio e che sia una proposta d’eccellenza e non la sede secondaria non accreditata di una facoltà che sta a 80 km di distanza da noi”.