«Il nostro “tavolo di crisi ex Ilva” è quello istituito dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, a Palazzo Chigi». Cosi il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi Biagio Prisciano all’indomani dell’incontro convocato in Regione dal governatore della Puglia, Michele Emiliano.
«Un incontro interlocutorio – aggiunge Prisciano – nel corso del quale si è parlato dei vari aspetti della vertenza, mostrando su più fronti preoccupazioni per la situazione venutasi a creare. Rispondere all’invito del Presidente Emiliano era un atto doveroso e cogliamo con piacere anche l’apertura regionale a voler richiamare ArcelorMittal al rispetto degli accordi. Naturalmente, questo non significa condividere eventuali nuovi percorsi. Il fatto che lo stesso Emiliano – come apprendiamo dalla stampa – chieda mandato alle organizzazioni sindacali è alquanto imbarazzante, poiché il Presidente della Regione ha già un suo ruolo istituzionale. Come Fim abbiamo mostrato perplessità sulla convocazione di ulteriori tavoli proprio alla luce del tavolo istituzionale già aperto dal governo e ribadiamo che per noi l’unica strada da percorrere è il rispetto dell’accordo del 6 settembre 2018».
Un accordo costruito pezzo dopo pezzo con tanta fatica e che ora rischia di naufragare per l’inadeguatezza fin qui dimostrata dal governo, attraverso un’instabilità di posizione.
«Si sapeva che quello dello scudo penale era la scappatoia che ArcelorMittal cercava ed è assurdo che il governo l’abbia concessa. Adesso – spiega Prisciano – si sta facendo di tutto per rincorrere la strategia migliore per tornare indietro. Ma a questo punto se l’alibi è lo scudo penale, e quindi tutto l’impianto normativo, la prima cosa da fare è resettare tutto riportando l’accordo allo stato originario; reintroducendo, quindi, la norma già esistente dal 2015 con i commissari: garantire non una immunità a prescindere, ma una copertura legale nel tempo, per mettere a norma un’azienda consegnata con tante anomalie impiantistiche. Il tutto in un tempo limite nel quale eseguire le opere del Piano ambientale, di cui chi è subentrato non ha responsabilità fino alla scadenza dei tempi concordati. Per cui il balletto sullo scudo (toglierlo per poi rimetterlo modificato, toglierlo nuovamente) creatosi sin da quest’estate è stato l’alibi che serviva ad ArcelorMittal per sfilarsi da questa partita, per non affrontare condizioni estremamente difficili sia di mercato che su altri aspetti. Senza interventi scellerati ArcelorMittal, così come stava succedendo, nonostante le difficoltà, sarebbe stato obbligato a rispettare tutti gli impegni presi (poiché blindato dall’accordo), tra cui la piena occupazione alla fine del piano nel 2023 con il reintegro dei lavoratori attualmente il Amministrazione straordinaria. Aspetti che a questo punto con l’intenzione di ArcelorMittal alla restituzione degli asset ai commissari vengono mesi in discussione. Nel frattempo – conclude Prisciano – lo stabilimento rischia di fermarsi».
Taranto, 12 novembre 2019