Solo due anni fa, Lei veniva ad inaugurare l’anno scolastico proprio qui, a Taranto.
Parlò dell’importanza della scuola e dell’istruzione proprio a quegli studenti cui veniva e viene negato il diritto allo studio. Tanta attenzione nel condannare atti vandalici da parte di alcuni ragazzi e nemmeno una parola, anche in seguito, per censurare chi, per proprio interesse, impediva, e ancora impedisce, il diritto allo studio, garantito sia dalla Costituzione italiana che dalla Carta dei diritti dei bambini.
Lei ora firma il decreto Imprese che ripristina l’immunità penale per il gestore dell’acciaieria tarantina, un privato che per proprio interesse economico avvelena ambiente e cittadini in spregio anche dell’art. 41 della già citata Costituzione italiana.
Si è mai chiesto perché si debba concedere a commissari e a gestori di un impianto a così alto impatto ambientale una immunità penale?
Noi, sì, ce lo siamo chiesto. Non sono le bonifiche, la messa a norma e in sicurezza degli impianti a creare quelle condizioni che producono malattie e morte non solo nei dipendenti, ma anche e soprattutto nella popolazione. No, è la produzione a caldo! Quella stessa produzione chiusa a Genova e raddoppiata a Taranto, per la stessa ragione: è altamente pericolosa per la salute di operai e cittadini!
Sì, è la produzione! Ciò vuol dire che l’immunità non serve a tutelare i gestori durante l’avanzamento dei lavori prescritti dall’A.I.A.; serve esclusivamente per permettere la continuità produttiva da pagare con la salute e la vita dei tarantini. Questa è una vergogna!
Serve a tutelare l’occupazione, che non è lavoro, Presidente. Il lavoro, quello vero, lo ritrova scritto nella Costituzione. Il lavoro riconosciuto come diritto (art. 4) non può essere slegato da quanto dichiarato dall’art. 32, che impone alla Repubblica la tutela della salute quale diritto “fondamentale” dell’individuo ed interesse della collettività. Se ci aggiungiamo che anche la salubrità dell’ambiente in relazione alla salute umana è un diritto “fondamentale” (ampliamento introdotto nello stesso art. 32), ci troviamo di fronte al cittadino che ha diritto ad un lavoro dignitoso, svolto in sicurezza, salute ed in ambiente salubre. In confronto a quanto dichiarato dalla Costituzione italiana, l’attività lavorativa svolta nell’acciaieria tarantina potrebbe benissimo essere definita schiavitù.
Certo potrà obiettare che qualcuno è riuscito a trovare il giusto equilibrio tra diritto alla salute e diritto al lavoro. Ci consenta di manifestare il nostro dissenso verso tale affermazione. Quello alla salute è un diritto fondamentale che la Repubblica ha il dovere di tutelare; quello al lavoro è solo un diritto che la Repubblica riconosce. Sarebbe come mettere su un piatto della bilancia un chilo di diamanti (la salute) e sull’altro un chilo di oro (il lavoro). I piatti restano in equilibrio perché i pesi posti su di essi sono uguali, ma di quanti chili di oro dovremo disporre per poter acquistare un chilo di diamanti? E’ il valore, Presidente, la discriminante. Al valore, e non al peso, bisogna innanzitutto guardare! La pari dignità, le libertà, la salute, la sicurezza, l’istruzione, ma anche l’ambiente e il paesaggio. Tutti valori garantiti dalla Costituzione italiana e negati a Taranto.
In più, è davvero incredibile che un territorio dichiarato S.I.N. (sito di interesse nazionale da bonificare a cura del Governo italiano) continui ad essere appestato sempre più da inquinamento industriale consentito dallo stesso governo. E’ la riprova, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di quanto il potere politico sia succube del potere economico, al punto da giustificare malattie e morti in nome di un fantomatico P.I.L., che risulta, alla fine, negativo, se si tiene conto di quanto se ne deve usare per porre rimedio ai danni sanitari ed ambientali causati dall’acciaieria. Oppure dobbiamo pensare che non c’è alcuna intenzione di ripagare Taranto e i tarantini?
Quanto vale, allora, la sentenza emessa dalla Corte europea per i Diritti umani (CEDU) che ha ritenuto lo Stato italiano colpevole di non aver tutelato e non aver rispettato la vita privata e famigliare dei tarantini e non aver consentito loro, per mezzo dei decreti salva-ILVA, di avvalersi del diritto ad un ricorso effettivo, condannandolo a porre rimedio nel più breve tempo alla situazione che lo stesso Stato ha creato a Taranto?
A questo è stata portata l’Italia, il “bel Paese”.
La promulgazione equivale ad affermare “questa legge è costituzionale”, mentre noi pensiamo che una immunità rompa il principio di uguaglianza e di pari dignità e che, quindi, questa legge sfregi la Costituzione. Presidente Mattarella, non avvalersi, in questo caso, dell’art. 74 della Costituzione italiana ha fatto di lei, come nei titoli di testa di un film, il protagonista principale di questo nuovo decreto, di questa nuova condanna per gli italiani di Taranto. Se quello italiano fosse un popolo dignitoso, già sarebbe insorto in difesa di quel libro pieno di regole che è costato la vita di decine di migliaia di connazionali, durante la resistenza che portò alla liberazione.
E’ destino di questa nazione raggiungere vette altissime e poi ricadere sempre più giù, fino a sprofondare nella vergogna.
Associazione Genitori tarantini – Ets