Si avvia una settimana decisiva per Taranto, perché il 6 settembre è la data dell’ultimatum fatto da ArcelorMittal.
Vi sono tre grandi temi sul tappeto riguardanti il confronto tra ArcelorMittal e il territorio.
Da una parte il decreto che dovrebbe migliorare quanto scritto nell’ultimo provvedimento legislativo, sospeso perché deve ricevere le firme da parte dei ministeri competenti, qui si parla di garanzie penali.
Poi c’è la questione dell’altoforno Afo 2 che è sequestrato dalla Magistratura e il terzo tema è costituito dall’indotto con tutti i gravi problemi messi più volte in evidenza.
Una serie di scadenze fanno sì che ogni settimana porti la sua croce.
Partendo dal decreto, già oggi si dovrebbe sapere qualcosa di più. Intorno a mezzogiorno scadevano i termini entro cui i ministeri cosiddetti concertanti, quelli che cioè esprimono il parere sul provvedimento, sul decreto del Consiglio dei Ministri, dovevano inoltrare al Mise le loro osservazioni.
Il decreto “salvo intese”, quello che prevede l’immunità a scadenza (cioè non c’è più la data del 6 settembre entro cui decadeva l’immunità che verrebbe adattata alla messa a norma di ogni singolo impianto) approvato i primi di agosto è stato rivisto e ripreso qualche giorno fa dal Mise che lo ha inviato ai vari ministeri.
Questi in queste ore stanno formulando le varie osservazioni e per poi passare il decreto al Quirinale al vaglio del Presidente della Repubblica. Dopo di che firmato da Mattarella andrà in Gazzetta Ufficiale e entrerà in vigore con il Parlamento che dovrà convertirlo in legge in 60 giorni.
Dal momento in cui entrerà in vigore è ovvio che farà saltare la scadenza del 6 settembre, chiarendo finalmente la questione dell’immunità; ricordiamo che l’azienda aveva riferito che senza le garanzie legali, avrebbe lasciato Taranto.
Se l’immunità sta molto a cuore all’azienda visto come ha insistito su questo punto, ben altri problemi stanno sopratutto a cuore alla comunità.
Il primo è il risanamento ambientale che deve andare avanti non solo secondo le tempistiche concordate, ma se possibile anche accelerate.
Sia l’Arpa Puglia, sia i commissari dell’exIlva ritengono che alcune ulteriori accelerazioni possano essere fatte e questo sarebbe un buon segnale per un buon ripristino dei rapporti tra l’azienda e la comunità. Il prossimo 6 settembre è un anno che è stato firmato un accordo al Mise tra sindacati, azienda in amministrazione straordinaria e ArcelorMittal.
Non pare che in questo anno i rapporti tra l’azienda e le realtà sociali, sindacati, istituzioni, siano stati ideali, per cui un ulteriore accelerazione delle tempistiche potrebbe essere un segnale importante e significativo.
Tale potrebbe risultare anche un atteggiamento diverso indirizzato al mondo dell’indotto, dell’appalto.
L’azienda qualche giorno fa ha chiarito alcune cose.
Per esempio ha riferito che il personale inquadrato con il contratto Multiservizi non perderà il posto e in verità questo era già risaputo in quanto introdotto in precedenza per merito del pressing attuato dai sindacati, per evitare che nel caso di appalto da una azienda all’altra, decine se non centinaia di lavoratori si ritrovassero per strada.
Quindi ArcelorMittal sta di fatto applicando una cosa che non ha introdotto lei come azienda per evitare giustamente che la ristrutturazione degli appalti non debba tradursi in una ecatombe o una debacle dell’indotto che è già molto provato.
Ricordiamo che viene da anni precedenti all’amministrazione straordinaria, anni in cui ha lavorato, ha fatturato e non ha potuto incassare i compensi maturati che ora sono rifluiti nella procedura che fa capo al Tribunale di Milano.
Naturalmente non si chiede l’impossibile alla nuova amministrazione dell’azienda ma è auspicabile quanto meno un atteggiamento di apertura e di confronto con le ditte dell’indotto.
Anche questo sarebbe un altro buon segnale per cercare di mettere in sesto le cose.
Vito Piepoli