«Criminalizzare gli agricoltori non solo non è utile, ma è anche dannoso: mettiamo le aziende agricole nelle condizioni di lavorare e di dare lavoro e vedrete che sviluppo e occupazione ricominceranno a crescere».
È questo il messaggio che Pietro De Padova e Vito Rubino, rispettivamente presidente e direttore provinciali di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi), hanno inteso condividere nell’incontro di stamattina (14 agosto 2019) con il vice Prefetto Mario Volpe e il Capo di Gabinetto Maria Luisa Ruocco, in Prefettura, dove l’organizzazione è stata convocata per fare il punto sulla situazione inerente al caporalato.
«Lo sfruttamento dei lavoratori è inaccettabile, sempre – ha dichiarato il presidente provinciale di CIA Due Mari, Pietro De Padova – Così com’è inaccettabile il clima di ipocrisia e di caccia alle streghe che getta cortine fumogene su un dato inoppugnabile: oggi, in Italia, e nel Sud in particolare, per le imprese creare reddito e occupazione è un percorso a ostacoli».
Gli esponenti della declinazione provinciale di CIA Agricoltori Italiani hanno consegnato un documento molto articolato all’incontro in Prefettura.
«In provincia di Taranto, il comparto agricolo rappresenta un forte traino per l’intera economia. Nonostante il settore agricolo tarantino sia cresciuto negli ultimi anni in termini di quantità e qualità, diverse sono le criticità che stanno mettendo in crisi migliaia di aziende agricole joniche», si legge nel documento.
Burocrazia asfissiante, un regime rigido sui contratti di lavoro incapace di sostenere domanda e offerta e di adattarsi alle esigenze dettate dalla stagionalità e all’andamento dei raccolti, nessuna azione efficacie per riequilibrare i rapporti di forza con la parte industriale e la Grande Distribuzione.
«È su questo che la politica deve darci risposte, altrimenti la guerra al caporalato rischia di essere una lavata di faccia», ha spiegato Vito Rubino.
CALAMITA’, XYLELLA, PSR BLOCCATO. Dare forza alla stragrande maggioranza delle aziende virtuose: questa è la strada indicata dal documento presentato da CIA Due Mari in Prefettura. Le sempre più frequenti calamità, la Xylella e la situazione di stallo del PSR, negli ultimi due anni non hanno fatto che indebolire le aziende agricole del Tarantino. C’è una questione prezzi, con corrispettivi miserevoli pagati agli agricoltori da GDO e parte industriale, che non è mai stata affrontata in modo strutturale dalla politica. «Se l’agricoltura produce reddito per le aziende, le aziende sono messe nelle condizioni di assumere, di creare lavoro, di dare occupazione a migliaia di persone e futuro alle loro famiglie. Il caporalato può essere sconfitto, ma più dell’approccio repressivo è necessario un quadro di regole che permetta flessibilità, reale abbassamento del costo del lavoro, meno burocrazia. È necessario armonizzare i flussi migratori in relazione ai fabbisogni delle aziende, scaglionando l’ingresso dei lavoratori extra-comunitari e tenendo conto della stagionalità delle colture, in modo da garantire manodopera con la giusta tempistica. In riferimento al lavoro accessorio, occorre uno strumento flessibile, che consenta l’utilizzo di prestatori nelle situazioni di emergenza, mezzo ancora troppo frenato dall’ eccessiva burocrazia. Alla luce degli ultimi provvedimenti per il contrasto al caporalato, ribadiamo che le imprese agricole, in molti casi, si trovano ad affrontare problemi e lacune di sistema che vanno al di là della loro volontà di seguire le regole».
LE PROPOSTE. Alla base della lotta all’illegalità devono esserci regole realmente condivise, una visione più ampia del ruolo fondamentale ricoperto dagli agricoltori non solo economicamente e dal punto di vista occupazionale, ma anche dal punto di vista sociale e culturale. È necessario un approccio ispettivo completamente nuovo, che non sia percepito dalle aziende come vessatorio, e più efficiente nei confronti delle reali situazioni di violazione. Bisogna rendere realmente operativo il registro unico dei controlli. In materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, poi, è necessario rivedere la normativa e la legislazione a livello nazionale tenendo conto delle peculiarità del comparto agricolo, legato per lo più alle condizioni climatiche e alla deperibilità dei prodotti, tenendo conto della stagionalità delle operazioni colturali e della natura dei contratti di lavoro dei braccianti agricoli.
«È inammissibile, infatti, che un lavoratore agricolo debba sottoporsi, con aggravio di costi per le aziende agricole, a visite mediche per ciascuna azienda nella quale è assunto per il concomitante periodo. Serve attuare una sorta di ‘libretto medico del lavoratore’ che il lavoratore porti con sé e che attesti, per un periodo prestabilito di tempo, il suo stato di salute, indipendentemente dalla azienda presso la quale lavora. Anche nello svolgimento delle visite mediche dei lavoratori, sarebbe quanto meno opportuno che una valutazione preventiva dello stato di salute del lavoratore venisse rilasciata dal medico curante del lavoratore stesso che conosce le reali condizioni di salute del soggetto, a garanzia anche delle dichiarazioni che il lavoratore rilascia in sede di visita dal medico del lavoro».