Si parla sempre di Taranto del futuro, del turismo, dell’esaltazione della storia bimillenaria della culla della Magna Grecia poi, se ti capita di inciampare in un marciapiede sconnesso in via Oberdan quasi angolo con Via Crispi, scopri di trovarti di fronte a qualcosa che appartiene alla storia…del degrado urbano.
Certo i tarantini sanno che esiste quel muro fatiscente, quel cancello arrugginito, ma forse sanno ben poco della storia che c’è dietro.
Gliela raccontiamo.
Dobbiamo andare alla fine degli anni ’40 del secolo scorso quando, l’Acquedotto Pugliese in quell’angolo di città volle costruire la sua sede tarantina, con Uffici, deposito mezzi e palazzina per i dipendenti. Un impegno sul suolo comunale che fu concesso dal Comune attraverso un vero e proprio baratto, l’azienda regionale divento proprietaria dell’area e si impegnò a costruire a Piazza Ebalia la ‘Fontana dei quattro venti’.
Sia chiaro il nostro intento non è sviluppare polemica alcuna, ma dare informazione. Tuttavia ci chiederemo: ma è possibile che nessuno abbia chiesto lumi su questa vicenda di degrado ambientale?
Dalle foto si comprende bene che ci troviamo di fronte ad un complesso abbandonato, con il deposito del mezzi – cosi ci dicono i bene informati – col tetto crollato, con le tegole in parte crollate anche nel manufatto centrale.
E’ il solito vezzo degli enti che traslocano altrove (attualmente la sede dell’acquedotto è in Viale Virgilio) e abbandonano. Un esempio più recente – si fa per dire – siamo comunque parlando forse di un ventennio, è legato agli uffici dell’Inps di Via Leonida abbandonati per un trasloco nella nuova sede di Via Golfo del Tonno.
Tornando alla sede dell’Acquedotto di Via Oberdan va detto che 15 anni fa, – una nota in cronaca di Taranto del Quotidiano di martedì 10 febbraio 2004 -, il Comune rispondeva alla richiesta – inoltrata tramite gli organi di informazione – di un gruppo di cittadini che lamentava il degrado dell’area in cui risiedono (il quadrilatero tra le vie Oberdan, Crispi, Dante e Regina Elena) si faceva presente, nella nota, che l’area è di proprietà dell’Acquedotto Pugliese e non quindi del Comune.
Il Comune dell’epoca (era Sindaca Rossana Di Bello), si riservò il compito – così scriveva nella nota stampa – di chiedere all’ente proprietario la bonifica del sito, e non escludeva in futuro di abbattere il muro dopo aver, probabilmente, risolto il problema del terrapieno che viene ‘contenuto’ dal muro stesso. Altro pezzo del degrado che crea umidità al palazzo contiguo. Ci fu quel carteggio tra Comune ed Ente? Dal riscontro possiamo dire che nulla è cambiato.
Una lamentela persa, nell’insipienza delle omissioni, nei meandri della memoria di un’emeroteca, di qualche anziano che resta fra i cittadini firmatari e tutto sta lì a imperitura testimonianza del vezzo col quale enti pubblici considerano il territorio urbano, una sorta di usa e getta.
Da borgatari impenitenti vogliamo credere che qualcosa si muova per il Borgo della nostra bella città che non può tollerare questo uso scorretto degli spazi urbani.
Roberto De Giorgi