«Sul lavoro agricolo, sulle sue specificità legate alla stagionalità e a esigenze peculiari dovute all’alta variabilità nell’andamento dei raccolti, sono necessarie riforme radicali: il caporalato può essere sconfitto, ma più dell’approccio repressivo è necessario un quadro di regole che permetta flessibilità, reale abbassamento del costo del lavoro, meno burocrazia».
È Pietro De Padova, presidente provinciale di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi), a intervenire sul tema del lavoro stagionale in agricoltura, alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane nel Tarantino, con numerosi arresti per caporalato.
«Lo sfruttamento dei lavoratori è inaccettabile, sempre, e per fermarlo occorre soprattutto che le aziende sane, la stragrande maggioranza, siano realmente aiutate a rispettare le regole. Il quadro normativo attuale, però, non aiuta le imprese: non c’è nessun sostegno all’incontro tra domanda e offerta di lavoro stagionale; gli imprenditori agricoli non sono messi nelle condizioni di poter fare un ‘piano assunzioni’ basato sulle reali esigenze dei cicli colturali e sulla variabilità dell’andamento dei raccolti; il costo del lavoro è fra i più alti d’Europa, con un carico eccessivo di oneri sociali», ha aggiunto Vito Rubino, direttore provinciale di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi).
La questione è stata trattata da Dino Scanavino, presidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani, anche al tavolo di confronto su lavoro e welfare convocato dal premier Giuseppe Conte.
«È una questione fondamentale, a maggior ragione in Puglia» – ha dichiarato Raffaele Carrabba, presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani di Puglia – «dove la raccolta di ortaggi, frutta, pomodori e altre tipologie di prodotti è caratterizzata, anche a causa dei sempre più frequenti eventi calamitosi, da una domanda di manodopera fortemente variabile e altamente concentrata in determinati periodi dell’anno».
Ecco perché al tavolo con il presidente del Consiglio l’organizzazione ha chiesto di armonizzare le correnti migratorie in relazione ai fabbisogni delle aziende, scaglionando l’ingresso dei lavoratori extra-comunitari e tenendo conto della stagionalità delle colture, in modo da garantire manodopera con la giusta tempistica. In riferimento al lavoro accessorio, occorre uno strumento flessibile, che consenta l’utilizzo di prestatori nelle situazioni di emergenza, mezzo ancora troppo frenato dall’ eccessiva burocrazia.
Alla luce degli ultimi provvedimenti per il contrasto al caporalato, CIA Due Mari ha ribadito che le imprese agricole, in molti casi, si trovano ad affrontare problemi e lacune di sistema che vanno al di là della loro volontà di seguire le regole.
«Le imprese agricole che vogliono rispettare la legge, e stiamo parlando della stragrande maggioranza, vanno messe nelle condizioni migliori per poter lavorare, creare reddito e occupazione».
«Si fa un gran parlare di caporalato, un fenomeno odioso che va combattuto, e per farlo occorre che le aziende del comparto primario non vengano criminalizzate e vessate, maltrattate da una burocrazia che rende tutto più astruso, lento e complicato, da lacune sistemiche nella gestione concreta dei flussi di lavoratori stranieri che in nessun modo sono dovute alle imprese».
«Va trovato un punto di equilibrio, uscendo dalla criminalizzazione che offre titoli a caratteri cubitali ma non favorisce la risoluzione concreta dei problemi, a vantaggio di tutte le componenti: imprenditori, lavoratori e consumatori».