“Uno dei compiti di chi ha cuore la democrazia è quello di preoccuparsi di liberare le parole dalla trappola della demagogia perché quando le parole perdono di significato, gli uomini perdono la libertà”.
Gianrico Carofiglio, magistrato e scrittore di fama internazionale, nasconde gli occhi azzurri dietro un paio di occhiali da sole, per proteggerli dal baluginio di uno splendido tramonto i cui colori hanno accompagnato, venerdì sera al Molo Sant’Eligio, la serata conclusiva di “Quando la politica è bella”, percorso di formazione alla politica sul tema “Le comunità” organizzato dal consigliere regionale Gianni Liviano in collaborazione con l’associazione “Le città che vogliamo”.
“Se si vuole costruire bene comune – ha esordito Gianni Liviano nel presentare l’ospite – lo stare insieme deve essere un valore e non un limite. O si cammina insieme, avendo bene in mente un progetto di comunità, o non c’è prospettiva di futuro. Riconoscere la comunità quale luogo di incontro è una ricchezza che non va sperperata. Le diversità vanno accolte come ricchezza”.
E in una comunità sana, le parole giocano un ruolo importante perché, se spese male, “diventano pistole cariche “. Che poi è stato il tema sul quale si è intrattenuto Gianrico Carofiglio.
“Le parole, in molti casi, hanno perso la loro funzione di strumento di comunicazione, per creare ponti, per generare cooperazione e sono diventate, troppo spesso, oggetti contundenti da scagliare contro l’avversario, senza alcun senso della responsabilità, soprattutto in certi ruoli, che sarebbe dovuta all’uso del linguaggio”, ha esordito Carofiglio.
Perché il vero problema, ha sottolineato più volte l’autore di libri venduti in mezzo mondo, è quello “del deterioramento delle parole, della manomissione del loro significato” per cui, oggi, sarebbe opportuno recuperare “un’igiene linguistica delle parole” perché le parole ” non sono neutrali, hanno gambe e possono essere pesanti come pietre”.
Allora quale può essere lo scudo da opporre alla manomissione delle parole? La ricetta di Carofiglio è semplice: “la prima difesa per i cittadini, che vogliono essere cittadini e non sudditi, – spiega – è la consapevolezza. Cominciare a farsi delle domande, cominciare a non dare per scontato quello che sentono dire, immaginare che esista un altro modo di usare le parole, un altro modo in generale di fare politica nel senso di metodo e di etica della politica. Pensate – ha poi aggiunto Carofiglio – rivelata, evitarla, relativa sono tre dei ventuno anagrammi della locuzione la verità e sono sintesi filosofica della politica. Il compromesso buono è quello che si dichiara per cui, e queste sono le quattro regole tolteche che ruotano intorno al tema della verità, la tua parola sia impeccabile, non farne mai un fatto personale, non affidarti alle congetture, fai sempre del tuo meglio”.
Ma a volte anche i silenzi possono pesare più delle parole. “Il posto più caldo dell’inferno è destinato a quelli che in periodi di crisi morale se ne sono rimasti a casa propria. Che è un altro modo per dire che stare zitti non è una cosa neutra. Disinteressarsi della crisi morale, della crisi politica, della sofferenza altrui è un peccato. Per cui la coscienza da cittadini, è non la pigrizia dei sudditi è quello che fa la differenza fra una società realmente democratica e la situazione che noi stiamo vivendo ovvero un deterioramento della democrazia. È uno dei passaggi di questo deterioramento dipende proprio dal deterioramento della lingua”.
Parte del problema del deterioramento delle parole e del linguaggio è rappresentato dai social anche se, ha sottolineato Carofiglio, “non bisogna fare l’errore di pensare che le notizie false siano state inventate dalla civiltà dei social. Esistevano anche prima anche, per certi aspetti, peggiori. Quello che oggi le rende più pericolose e la capacità di velocissima diffusione che hanno gli strumenti della rete”.
Molto spesso, ha ribadito Carofiglio sollecitato dalle domande del consigliere Liviano, le nostre parole “sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Le parole, invece, servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l’effetto è il logoramento e la perdita di senso. Se questo accade, è necessario sottoporre le parole a una manutenzione attenta, ripristinare la loro forza originaria, renderle di nuovo aderenti alle cose. Più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica”.
Il sole ormai è in apnea, cullato dalle leggere onde che increspano il mare a ridosso del Sant’Eligio. Carofiglio saluta e firma libri mentre cala il sipario, per quest’anno, sul percorso di formazione politica che da marzo ad oggi ha visto alternarsi gli interventi del caporedattore de Il Mattino, Marco Esposito, di mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio, di mons. Giovanni Ricchiuti, vescovo di Acquaviva, del magistrato Armando Spataro, delle sorelle Andra e Tatiana Bucci, testimoni della Shoah, e di Paolo Verri, direttore generale della Fondazione Matera2019.