Gli affari illeciti che ruotano intorno all’allevamento dei mitili allevati nei mari di Taranto non sembrano registrare battute di arresto, neanche quest’anno, dove la stagione della cozza tarantina sembra essere in netto ritardo rispetto agli altri anni, perché le condizioni climatiche dei mesi primaverili non sono stati favorevoli alla mitilicoltura. La cozza tarantina non è ancora piena come dovrebbe e per quest’anno l’ordinanza regionale (n. 532 del 13-9-2018) ha anticipato di un mese, entro il 28 febbraio mentre per gli anni precedenti la precedente ordinanza (n. 188 del 25-3-2016) la fissava al 31 marzo, il limite temporale oltre il quale le cozze adulte devono essere traferite dal primo seno al secondo seno del Mar Piccolo o in Mar Grande. Le ordinanze regionali intervengono a causa dei valori elevati di diossina e PCB che si rilevano nel primo seno del Mar Piccolo. Nel 2018, i più alti dal 2011.
La contaminazione dei mitili e l’azzeramento di tutte le concessioni da parte dell’amministrazione comunale non sembrano intimorire la gestione illecita che nella mitilicoltura, ancora oggi, nonostante le numerose e continue operazioni dei militari della Guardia Costiera coadiuvata dai Carabinieri, regna incontrastata su tutta la filiera dei mitili: dall’acquacoltura alla preparazione del prodotto, sino all’immissione dei mitili nel mercato regolare dove raggiunge ristoranti e pescherie del capoluogo sino ad arrivare nella distribuzione oltre la provincia ed i confini regionali.
Il Mar Piccolo di Taranto oggi rappresenta una vera e propria collaudata macchina lava-soldi dove famiglie già note ai militari e alla Procura di Taranto investono in nero nel comparto ittico saltando ogni tipo di autorizzazione e controllo sanitario e da questa attività illecita tirano fuori un prodotto che in alcuni casi ha una etichetta e quindi fa incassare denaro pulito ma contemporaneamente dall’altra rivende in un mercato nero assicurando così la circolarità dei proventi illeciti che sempre nell’illecito viene reinvestito. Un equilibrio collaudato che fattura ogni anno milioni di euro alle attività criminose.
Da diversi giorni, e con periodicità settimanale, il secondo seno del Mar Piccolo si sta riempendo di mitili provenienti dalla Grecia e tutte le operazioni svolte per attrezzare gli impianti di mitilicoltura ad accogliere questo prodotto estero, da informazioni acquisite, non sembrano rispettare la legge. Inoltre, a fine maggio, lo stato membro Italia ha comunicato alle autorità sanitarie dell’Unione Europea, tramite il sistema di allerta rapido RASFF (Food and Feed Safety Alerts), che nella nostra nazione sono arrivati dalla Grecia lotti di mitili contaminati dall’epatite A. Si invita a non consumare cozze che hanno questa provenienza e sono già giunti sia nella grande distribuzione che nelle pescherie e nei mercati.
Accade, quindi, che due volte alla settimana arriva a Taranto un TIR dalla Grecia che scarica mitili presso un molo del secondo seno. Dal mezzo gommato i mitili vengono scasricati direttamente su un battello che immediatamente dopo, grazie alle operazioni del suo equipaggio, se così si può chiamare, immette le cozze greche nello specchio d’acqua del Mar Piccolo. In questo caso tutte le norme, le autorizzazioni e i controlli sanitari sembrano essere ignorati. Il molo dovrebbe essere un punto di sbarco autorizzato, ma non può esserlo in virtù del fatto che solo qualche settimana fa lo stesso molo era gestito abusivamente da un’altra famiglia e quella che oggi vi opera gestisce il molo dopo aver cacciato la precedente; il prodotto arrivato con il TIR dovrebbe passare dai controlli degli Uffici Veterinari per gli Adempimenti degli obblighi Comunitari (UVAC); il natante utilizzato, su cui vengono caricate le cozze, dovrebbe avere una licenza come imbarcazione asservita agli impianti di acquacoltura, inoltre dovrebbe avere il certififato di sicurezza RINA; il personale di bordo, oltre a dover essere regolarmente assunto, dovrebbe figurare sul libretto di navigazione, così come il comandante, o sul foglio di ricognizione della Guardia Costiera.
A stagione delle cozze iniziata, quella della cozza tarantina va dalla primavera sino alla prima metà di agosto, anche quest’anno la mitilicoltura è interessata da una filiera totalmente illecita che introduce nel mercato regolare, e fa giungere sulle tavole del consumatore, cozze potenzialmente nocive che non hanno subito nessun controllo sanitario. Ogni operazione della filiera dei mitili è gestita nell’illecito: dall’allevamento alla vendita. Ciò non fa altro che danneggiare chi ancora oggi, in un proprio e vero atto eroico, continua a lavorare nella mitilicoltura legalmente. Ma oramai i danni sono irreparabili perché le cooperative autorizzate non possono competere con il prezzo del mercato imposto da chi vende i mitili frutto di una filiera illecita. Di conseguenza queste chiudono perché sopportano costi di gestione che chi lavora illecitamente non sostiene. Nel totale silenzio ed immobilismo dell’aministrazione comunale muore un settore produttivo che ha segnato la storia del mestierie più antico della città di Taranto, un mestiere che non è solo tale ma è cultura di un territorio. L’illegalità regna e governa i commerci di Taranto ed opera ogni giorno sotto gli occhi di tutti a tal punto che per qualche livello istituzionale viene tacitamente legalizzata. Le organizzazioni malavitose ringraziano.
Luciano Manna