Sabato 16 Marzo, al Teatro Comunale di Crispiano (TA), la compagnia Berardi Casolari porterà in scena lo spettacolo “Amleto take away”. Di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari, musiche di Davide Berardi e Bruno Galeone, luci di Luca Diani, produzione Compagnia Berardi Casolari/Teatro dell’Elfo, con il sostegno di Emilia Romagna Teatro Fondazione, Festival di Armunia Castiglioncello, Comune di Rimini – Teatro Novelli.
Porta ore 20.30. Sipario ore 21.00.
L’evento, organizzato dal Teatro delle Forche, dalla Compagnia del Velario e dall’associazione Why Fai?!, con il patrocinio del Comune di Crispiano, rientra nella stagione di teatro contemporaneo “Légami” di “P.A.S.S.I.” (Progetto, Arte, Spettacolo, Scoperta e Innovazione nella Terra delle Gravine), progetto artistico triennale 2017/19 a cura del Teatro delle Forche, in ordine all’avviso pubblico per iniziative progettuali riguardanti lo spettacolo dal vivo e le residenze artistiche – Patto per la Puglia – FSC 2014/2020 – Area di intervento “Turismo, cultura e valorizzazione delle risorse naturali”.
L’Amministrazione comunale di Crispiano, per l’occasione, consegnerà un riconoscimento a Gianfranco Berardi, artista cresciuto nel paese delle Cento Masserie, insignito del Premio Ubu 2018 come miglior attore.
“Amleto take away” è un affresco tragicomico che gioca sui paradossi, gli ossimori e le contraddizioni del nostro tempo che, da sempre, sono fonte d’ispirazione per il teatro ‘contro temporaneo’ della compagnia. Punto di partenza sono le parole, diventate simbolo più che significato, etichette più che spiegazioni, in un mondo dove «tutto è rovesciato, capovolto, dove l’etica è una banca, le missioni sono di pace e la guerra è preventiva».
È una riflessione ironica e amara che nasce dall’osservazione e dall’ascolto della realtà circostante, che attrae e spaventa. «Tutto è schiacciato fra il dolore della gente e le temperature dell’ambiente, fra i barbari del nord e i nomadi del sud. Le generazioni sono schiacciate fra lo studio che non serve e il lavoro che non c’è, fra gli under 35 e gli over 63, fra avanguardie incomprensibili e tradizioni insopportabili …».
In questo percorso s’inserisce, un po’ per provocazione, un po’ per gioco meta-teatrale, l’Amleto di Shakespeare.
Amleto, simbolo del dubbio e dell’insicurezza, icona del disagio e dell’inadeguatezza, è risultato, passo dopo passo, il personaggio ideale cui affidare il testimone di questa indagine.
Ma l’Amleto di “Amleto take away” procede anche lui alla rovescia: è un Amleto che preferisce fallire piuttosto che rinunciare, che non si fa molte domande e decide di tuffarsi, di pancia, nelle cose anche quando sa che non gli porteranno nulla di buono. È consapevole ma perdente, un numero nove ma con la maglia dell’Inter e di qualche anno fa, portato alla follia dalla velocità, dalla virtualità e dalla pornografia di questa realtà.
Amleto è in seria difficoltà circa il senso delle cose, travolto da una crisi così generalizzata e profonda che mette a repentaglio storie solide e consolidate come il suo rapporto d’amore con Ofelia e il suo rapporto con il teatro.
«To be o FB, questo è il problema! Chiudere gli occhi e tuffarsi dentro sé e accettarsi per quello che si è, isolandosi da community virtuali per guardare da vicino e cercare di capire la realtà in cui si vive? O affannarsi per postare foto in posa tutte belle, senza rughe, seducenti, sorridenti, grazie all’app di Photoshop?
Dimostrare ad ogni costo di essere felici mettendo dei ‘mi piaci’ sui profili degli amici.
Pubblicare dei tramonti un bel piatto di spaghetti o gli effetti della pioggia tropicale, sempre tesi anche al mare con un cocktail farsi un selfie perché il mondo sappia, dove sono, con chi sono, e come sto. Apparire, apparire, apparire, bello, figo, number one e sentirsi finalmente invidiato. To be or fb, this is the question».