L’Ilva continua a produrre e se, come sembra, c’è stato un aumento delle tonnellate di ghisa colate, inevitabilmente è aumentato l’inquinamento prodotto dalla fabbrica.
Le centraline gestite da Arpa certificano notevoli incrementi, agenti inquinanti che vengono respirati dai tarantini e che si depositano sui terreni limitrofi allo stabilimento.
Il quartiere più esposto è quello dei Tamburi, nel quale pochi mesi fa sono terminati i lavori di bonifica di alcune zone.
Bonifiche che più volte ho definito “farsa”: non ha nessun senso bonificare se le fonti inquinanti non vengono fermate.
Ma oggi chiedo al sindaco di spiegare in quali condizioni si trovino quelle aree.
Il continuo spolverio di minerale e il deposito di sostanze cancerogene potrebbero aver contaminato nuovamente quei terreni.
Se così fosse, saremmo di fronte all’ennesimo spreco di danaro pubblico, tra l’altro, preventivabile.
Non bastano i sopralluoghi, in scuole bonificate e probabilmente ricontaminate, servono fatti concreti che migliorino la qualità della vita di chi risiede vicino allo stabilimento.
In tutto questo a farne le spese saranno nuovamente i cittadini del quartiere “rosso” e, in particolar modo, i più piccoli.
Caro Sindaco, lei è all’autorità preposta alla tutela della salute dei suoi cittadini, cosa aspetta ad intervenire?
Colgo l’occasione anche per cercare di comprendere che fine abbiano fatto le pulizie precedenti e successive alle giornate di wind day: annunciate in pompa magna, con l’ordinanza sindacale numero 1 del 24 gennaio 2018, si sono rivelate semplice propaganda, probabilmente.
Una serie di interrogativi che non sono solo del sottoscritto ma di tutta una comunità che continua a respirare veleno, nel silenzio assordante delle istituzioni.
Istituzioni locali, regionali e nazionali – per intenderci – quelle che avevano promesso tanto ma che ad oggi latitano, come il poliziotto ambientale che, secondo Di Maio, avrebbe dovuto difendere i tarantini.