Dopo lo scorso 22 settembre che lo ha visto impegnato nella spettacolare sfida al titolo italiano nei pesi medi con Mirko Geografo, il boxeur Marco Boezio, adottato dalla società pugilistica tarantina Quero-Chiloiro, tornerà a Roma il 29 marzo per conquistare il primato assoluto nel professionismo italiano.
L’evento, tra i più importanti di questa primavera pugilistica, sarà nuovamente organizzato dalla società professionistica romana, la Buccioni Boxing Team che, nella figura di Alberto Arcesi, allena l’avversario del ventisettenne Boezio, Khalil El Harraz, due anni più giovane del primo, ma pluripremiato da dilettante e imbattuto dal 2016, anno del suo debutto nel professionismo.
Una sfida durissima che vedrà i due atleti impegnati in quella che, secondo molti esperti del settore, si rivelerà una vera e propria “pelea”.
Mentre il mondo del pugilato è in attesa di assistere a questa grande sfida, Marco Boezio si è lasciato fare qualche domanda e ci ha raccontato qualcosa di sé.
Marco, cosa ti ha spinto nel mondo della boxe?
Il pugilato è sempre stato uno sport affascinante per me, ne ero appassionato sin da piccolo ma, vivendo nella provincia del barese, ho dovuto aspettare i diciotto anni per prendere la patente e spostarmi a Casamassima, in quanto nel mio paese, Capurso, non c’erano palestre di pugilato. Lì ho incontrato il tecnico Nicola Loiacono che, nel giro di sei mesi, dall’inverno all’estate, mi ha fatto salire sul ring. Non è passato tanto tempo che Loiacono mi ha presentato alla Quero-Chiloiro, la società tarantina che mi supporta ancora oggi e che in pochissimo tempo, mi ha fatto diventare Élite, il livello più alto nel mondo del dilettantismo. L’idea di volermi affermare in questo sport era ormai evidente.
Guardando il tuo curriculum da pugile compare un anno di inattività. Cosa è successo in quel periodo?
Si tratta della parentesi australiana del 2016. Dopo aver raggiunto i primi traguardi e aver fatto il passaggio nel professionismo, mi sono trovato in una fase di stallo: mi allenavo, ma il mio manager non mi faceva competere, anche il lavoro non andava benissimo, così ho deciso di mollare tutto e partire per l’Australia. Sono stato a Sidney, ho trovato diversi lavoretti, poi anche una palestra dove riprendere ad allenarmi. Sentivo però che mancava qualcosa. Ogni pugile si identifica in una società e nei suoi maestri, si abitua ad un tipo di allenamento e a riconoscere la voce del suo tecnico all’angolo. In Australia tutto questo mancava. Così, ho ripreso i contatti con la Quero-Chiloiro che mi ha proposto di tornare in Italia e di farmi da società-manager puntando al titolo italiano.
Ci racconti com’è la preparazione al titolo italiano?
Gli allenamenti si dividono in due sessioni al giorno, una al mattino e una al pomeriggio, in tutto sono circa quattro ore; a differenza della preparazione di un dilettante, che lavora principalmente su esplosività e rapidità di esecuzione, il professionista deve aggiungere resistenza e potenza muscolare per poter reggere le dieci riprese, inoltre, lo studio tecnico e la cura dei dettagli devono essere accuratissimi.
L’alimentazione per me è il problema principale. Non posso permettermi eccessi in nulla e, per fortuna, dal rientro in Italia ho incontrato un nutrizionista sportivo, il dott.Nicola Deliso, che mi ha aiutato a raggiungere un equilibrio con il cibo e il mio corpo e mi segue sempre nella dieta.
Ma in tutto questo, quanto spazio resta per la tua vita privata?
Poco…pochissimo! Devo ringraziare i miei genitori che mi aiutano moltissimo per le faccende quotidiane ma, in realtà, tutti contribuiscono come possono, con collaborazione e comprensione, dalla fidanzata agli amici, tutti sanno di dover rinunciare a trascorrere del tempo con me a partire da quattro mesi prima del match, quando la mia vita si trasforma e io vivo per la boxe.
Sei soddisfatto della sfida di settembre al Foro Italico con Mirko Geografo? Molti hanno ritenuto il verdetto discutibile…..
La preparazione per il match con Geografo è stata al massimo dei limiti fisici: sapevo che il mio avversario era molto tecnico e quindi dovevo spingere sulla preparazione atletica e la forza per stringere il mio avversario nella corta media distanza, e su questo ho lavorato senza tregua con il mio preparatore atletico, Antonio Verni. In realtà, però, tengo a precisare che per affrontare un pugile di quella misura per dieci round, è stato fondamentale studiare il match e lavorare sulla tecnica. In questo sono intervenuti i miei preparatori tecnici, nonché punto di riferimento all’angolo: Cataldo Quero e Nicola Loiacono.
Se sono soddisfatto? Assolutamente sì! Dopo la decima ripresa avrei potuto continuare a combattere per altre dieci. Tutti i romani avevano scommesso sulla mia sconfitta, ma gli stessi poi si sono ricreduti. Vinto o perso, credo che un pareggio sarebbe stato meritato, se non altro per rigiocarcela.
Cosa pensi della nuova sfida con Khalil El Harraz?
Mi sento bene, è un’occasione per rimettermi in gioco. L’avversario è un fighter e “al momento”, resta imbattuto. Ci hanno descritto come due gladiatori, io sono convinto che sarà un match spettacolare e darò tutto me stesso.