Il nostro gruppo nasce dall’unione di tre diverse liste che si presentarono nella competizione del 2015, i cui eletti si sono poi ritrovati a lavorare, sotto la guida del Presidente Di Maggio, in maniera solidale all’interno del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, nell’interesse della intera avvocatura tarantina.
Abbiamo raggiunto importanti risultati: il gratuito patrocinio telematico, l’organismo di mediazione e la rilevanza nazionale della Scuola Forense grazie alle attività di formazione per i tirocinanti e di aggiornamento per gli avvocati, gratuite per tutti i colleghi.
Con l’obiettivo di proseguire e arricchire ulteriormente l’attività sin qui svolta, pensiamo ad iniziative in favore dei colleghi in difficoltà economica, ad aprire uno sportello previdenza in collaborazione con il delegato Cassa Forense, alla applicazione di un serio protocollo delle udienze, alla valorizzazione della Consulta delle Associazioni, nei primi giorni del mese scorso abbiamo presentato le nostre candidature per la prossima competizione elettorale del 17-18-19 gennaio 2019.
Come è noto, nei giorni successivi è poi intervenuta la sentenza n. 3278/2018 che, nell’interpretare la legge elettorale n. 113/2017 (che richiama la legge ordinamentale 247/12), si è pronunciata in merito all’ineleggibilità dei candidati che hanno già svolto due mandati consecutivi. Tale sentenza è stata resa a Sezioni Unite in quanto giudice ex lege in materia di impugnazione delle sentenze del CNF.
Non v’è dubbio che tale decisione, piaccia o meno, imponga una seria riflessione giuridica ed istituzionale.
Sul piano giuridico. La Cassazione, per affermare il principio di diritto sopra ricordato, ha dovuto compiere una complessa esegesi delle norme contenute nell’art. 3, comma 3, della legge e della disciplina transitoria contenuta nell’art. 17, comma 3, della medesima legge.
Tale sforzo però non appare sufficiente a vanificare l’evidente volontà del legislatore che, durante i lavori parlamentari, ha bocciato l’emendamento 17.2 (a firma dell’On. Colletti del M5S) che escludeva l’elettorato passivo degli avvocati che alla data di entrata in vigore del provvedimento avessero già rivestito la carica di consigliere, estendendo quindi il divieto anche ai mandati espletati prima dell’entrata in vigore della legge; da ciò discende che l’interpretazione della norma resa dalla Cassazione va palesemente contro il volere espresso del legislatore.
Il principio enunciato dalla Cassazione (rectius: l’interpretazione data della norma), si traduce, di fatto, in un’applicazione retroattiva della normativa, vietata dall’art.11 delle preleggi.
Appare ovvio che i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della legge debbano continuare ad essere disciplinati dalle norme precedenti (quando, per quel che qui interessa, non v’era alcun limite di mandato). Diversamente opinando, l’interpretazione della Corte, incidendo su diritti costituzionalmente garantiti (quali l’accesso al munus pubblico e l’elettorato passivo), dovrebbe ritenersi, all’evidenza, viziata di incostituzionalità.
A Taranto, nonché nella totalità dei Fori italiani, la questione del doppio mandato non venne posta in occasione delle elezioni del 2015, tanto che anche chi oggi si straccia le vesti nel chiedere l’applicazione immediata del principio enunciato dalla Cassazione, all’epoca si candidò senza remora alcuna, pur avendo alle spalle numerosi mandati già espletati… Allo stesso modo non è stata oggetto di discussione nel corso degli anni. Infatti l’interpretazione nel senso ovvio, quello liberale, dal 2012, è rimasta conforme nelle due tornate elettorali, sia quella “regolare” del 2015, sia quella “suppletiva” del 2017.
Opinio juris seu necessitatis, anche la consuetudine diventa interpretazione, e per essa, norma giuridica: se la legge intende limitare il diritto politico massimo, quello di elettorato passivo, deve essere esplicita; in mancanza, deve essere interpretata restrittivamente.
Sul piano istituzionale. Le sprezzanti ed inaccettabili argomentazioni nelle quali si profonde la Corte appaiono lesive dell’intera classe forense, sospettata di esprimere il proprio voto sulla base di non meglio precisati interessi clientelari, ed ignorano l’esclusivo spirito di servizio che anima necessariamente chi si candida al Consiglio, oltre a costituire un’indebita ingerenza del potere giudiziario che rischia di minacciare e condizionare l’autonomia dell’Avvocatura.
Per queste ragioni, invitiamo i colleghi avvocati a condividere le nostre riflessioni ed a sostenerci nelle prossime elezioni.
Fedele Moretti, Antoniovito Altamura, Luca Andrisani, Romina Axo, Sebastiano Comegna, Adriano De Franco, Paola Donvito, Francesca Fischetti, Rosario Levato, Giuseppe Macrì, Rosario Orlando, Loredana Ruscigno, Antonella Semeraro, Francesco Tacente.