Taranto ha le carte in regola per mettersi alle spalle la crisi e dare avvio ad una nuova stagione di benessere economico e sociale. Non solo la positiva svolta nella vicenda Ilva, ma anche i fondi per finanziare gli interventi indicati nel Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) inducono ad un cauto ottimismo.
Tutti i soggetti investiti di pubbliche responsabilità sono chiamati a fare la loro parte: gli enti locali, il sistema di rappresentanza del mondo economico e del lavoro, il mondo della cultura. Soprattutto, si impone una netta inversione di tendenza rispetto al tenore delle relazioni industriali e istituzionali che hanno caratterizzato il rapporto tra grandi imprese e comunità tarantina.
Le aziende devono fare proprio, non a parole ma con i fatti, il principio della responsabilità sociale d’impresa: prendersi cioè cura dell’area geografica in cui operano,sostenendo la valorizzazione delle eccellenze territoriali, aiutando lo sviluppo di un indotto di qualità capace di misurarsi con la sfida della competizione globale, finanziando i progetti dei nostri giovani migliori che vogliono sposare la causa dell’autoimprenditorialità, incentivando l’organizzazione di eventi culturali di indubbia qualità e di respiro nazionale e internazionale. Dunque, non solo erogazione di stipendi ma compartecipazione attiva per costruire futuro: questo devono fare le grandi aziende. Come accade in molte altre città.
D’altro canto, va però abbandonato un aprioristico atteggiamento di ostilità nei confronti delle imprese, fondato molto spesso su pregiudizi ideologici.
La grande industria ha creato benessere ma anche danni. Dobbiamo fare i conti con questa realtà ottenendo, in tutti i sensi, il giusto risarcimento; ma dobbiamo anche saper distinguere e valorizzare, quando i dati oggettivi ce lo consentono, quelle realtà produttive che mostrano interesse, rispetto e corresponsabilità nei confronti di Taranto e dei suoi cittadini.
È il caso, a mio parere, della raffineria Eni. Alcuni dati sono davvero importanti per capire e farsi un’opinione corretta su ciò che rappresenta questa azienda.
Il 16 marzo del 2018, quindi pochi mesi fa, la raffineria di Taranto ha ottenuto il Riesame complessivo dell’AIA per la durata di 16 anni.
Quello ionico è uno stabilimento che vanta numerose altre certificazioni di qualità, anche in tema di sicurezza, e dà lavoro, tra diretti e indiretti, a quasi 1500 persone.
Per otto anni consecutivi non sono stati registrati infortuni dei dipendenti. Per dare un’idea, nel 2017, tra diretti e operai delle aziende esterne, le ore lavorate nel sito sono state, complessivamente, due milioni e 700mila. Una enormità.
È stato inoltre siglato, sempre nell’ottica di tutela e salvaguardia della salute di chi a vario titolo varca i cancelli della raffineria, un Patto per la Sicurezza con il coinvolgimento di 184 imprese censite e 2302 lavoratori informati. A questo si aggiunge una quota di investimenti per i prossimi anni nient’affatto trascurabile.
Sappiamo molto bene quanto decisivi siano gli investimenti prodotti in tema di sicurezza nei posti di lavoro. Eni dimostra, con queste azioni, di muoversi nella giusta direzione. In materia di tutela della salute e dell’ambiente, va poi rimarcato il fatto che tanto la bonifica della falda quanto il monitoraggio della qualità dell’aria con sistemi di controllo “spontanei”, in aggiunta a quelli previsti
dalla normativa vigente, rappresentino un altro aspetto importante.
Da non sottovalutare, inoltre, la Conferenza dei servizi in corso riguardante la realizzazione della nuova centrale elettrica che assicurerà allo stabilimento l’autonomia di funzionamento, elemento decisivo per evitare, quando il fornitore non eroga più corrente elettrica, l’accensione delle torce che provoca puzza di gas e ammorba l’aria.
A questa azienda rivolgo perciò il mio plauso. E lo faccio pubblicamente e libero da qualsiasi tipo di condizionamento. Credo che Eni possa rappresentare un esempio anche per altre realtà industriali presenti sul nostro territorio.
Tutto bene, allora?
Non proprio: bisogna fare di più per comunicare meglio con la città, spiegare e spiegarsi, soprattutto quando si verificano determinate anomalie. I cittadini hanno il diritto di sapere; i cittadini hanno bisogno di capire il perché di certi episodi che oggettivamente creano disagio e cattivo odore. I cittadini hanno il diritto di essere correttamente informati. E quindi di conoscere tutto: le soluzioni ipotizzate per risolvere determinate problematiche ma anche gli aspetti positivi che, al di là delle chiacchiere, si riscontrano anche all’interno delle grandi imprese.
Con la conoscenza, a tutti i livelli, si sconfigge il pregiudizio.
Taranto,29 settembre 2018
Piero Bitetti consigliere comunale e provinciale