C’è ancora un passaggio che Mittal deve compiere per garantirsi l’acquisto di Ilva: cedere gli impianti che la Commissione Europea ha individuato nella sua decisione dello scorso 7 maggio. Si tratta di una condizione che, se non ottemperata, porterebbe all’annullamento della vendita, come già successo nel 2014 alla Terni. Il governo italiano sapeva benissimo, sin dall’aggiudicazione dello scorso anno, che sulla multinazionale gravava questa spada di Damocle, e ciononostante ha preferito correre il rischio, esponendo i lavoratori Ilva e la comunità di Taranto a una grave incognita.
D’altra parte non si può consentire a una sola impresa di dominare un mercato che rifornisce una molteplicità di settori, fra i più importanti per le economie europee: dagli autoveicoli agli elettrodomestici, passando per le costruzioni. Ne deriverebbe un aumento dei prezzi, a tutto vantaggio dei profitti di Mittal, con grave danno per migliaia di lavoratori e per tutti i consumatori. Le politiche di antitrust non sono lo strumento più efficace per contrastare i monopoli – sarebbero necessari un controllo pubblico e una programmazione del settore -, ma sono sempre meglio della legge della giungla, in cui il più forte impone i suoi interessi.
Rifondazione Comunista, con la sua parlamentare europea Eleonora Forenza, vigilerà sul rispetto delle prescrizioni che la Commissione ha imposto, perché non sia fatto nessuno sconto a Mittal. L’unica opzione che consentirebbe di risolvere una volta per tutte la spinosa questione Ilva resta la nazionalizzazione
Eleonora Forenza, parlamentare europea GUE/NGL
Remo Pezzuto, segretario Rifondazione Comunista Taranto