Dalla vicenda Ilva esce vincitore il mercato nella figura del principale suo protagonista nel mondo. Il ricatto occupazionale ancora una volta è stato lo strumento vincente. Esce sconfitta la politica nazionale e locale, incapace ieri ed oggi di dare una soluzione agli interessi del Paese e della città di Taranto regalando, ancora una volta, non nazionalizzandola come voleva il PCI, la fabbrica. Oggi i suoi profitti continueranno ad essere privati mentre i danni per cittadini e lavoratori continueranno ad essere pubblici. Solo la propiretà dello Stato avrebbe potuto garantire il controllo da parte dei cittadini e dei lavoratori sulle attività della fabbrica e sull’avanzamento dell’ambientalizzazione.
L’accordo raggiunto tra Arcelor-Mittal, Governo e Sindacati, purtroppo, va nella stessa direzione delle relazioni sindacali degli ultimi 25 anni e non è in grado di cambiare dall’interno della fabbrica i problemi dell’ambiente, della sicurezza dei lavoratori e di conseguenza quella dei cittadini, lascinado alla sola “proprietà” la libertà di decidere e di agire.
La città ne esce con grande rispettabilità. Dieci anni fa vinse contro i suoi peggiori nemici: la rassegnazione e l’indifferenza che la governava. Sino al dicembre 2012 grandi manifestazioni la attraversarono ridandole quella dignità che le amministrazioni pubbliche sino allora non seppero darle. La magistratura fece il suo dovere colpendo un sistema di potere locale e nazionale su cui si reggeva la gestione della famiglia Riva. Tante leggi hanno garantito una immunità penale oggi, nei fatti , riproposta. Drammatico e tragico resta il futuro di fabbrica e città con le immancabili morti sul lavoro e quelle ambientali. I lavoratori tornino, oggi più che mai, “classe” sciogliendo dall’interno le “catene” che legano il loro futuro e la città tutta.
Federazione del P.C.I. di Taranto