Tutte le mosse fin qui adottate hanno ottenuto l’effetto di lasciare sempre più la palla fra le mani della multinazionale indiana, invece di rimetterla nelle mani del Governo e dello Stato. Dal primo minuto avevamo messo in guardia il Ministro, segnalando che i suoi continui quesiti all’Avvocatura dello Stato avrebbero solo aumentato la legittimazione di Arcelor Mittal a rivendicare l’opzione d’acquisto della fabbrica. Il Governo ha perso mesi che avrebbe dovuto utilizzare per modificare l’impianto normativo attraverso il quale: era stata stralciata dall’Autorizzazione Integrata Ambientale la Valutazione del Rischio e dell’Impatto Sanitario che avrebbe reso chiaro a tutti quale tecnologia produttiva e quali interventi sono indispensabili per rendere compatibile con la salute umana la produzione dell’acciaio a Taranto. Tutti i lavoratori dovranno rinunciare ai contratti esistenti per passare al JobsAct che li rende facilmente licenziabili (Di Maio ha addirittura respinto il nostro emendamento al Decreto Dignità che reintroduceva l’art. 18) e dovranno rinunciare ai diritti maturati.
In conseguenza di questa assenza di Atti concreti da parte del Governo, siamo giunti all’attuale situazione che vede Mittal protagonista del destino dei lavoratori, della salute dei tarantini e della intera produzione di acciaio dell’Italia. Continuando così, ci verranno a dire che dobbiamo ringraziare la multinazionale indiana per le gentili concessioni, una manciata di posti di lavoro e una Valutazione Sanitaria di parte, che serviranno per farci digerire in qualche modo l’assenza di un cambiamento reale della traiettoria disegnata dal precedente Governo. La copertura dei parchi, come altre attività di miglioramento ambientale, sono cose che erano ampiamente previste già nell’Autorizzazione Ambientale precedente all’arrivo di Arcelor Mittal che, nonostante le parole di fuoco spese all’epoca dei fatti da parte degli attuali esponenti del Governo, manterrà l’immunità penale fino all’applicazione del Piano ambientale.
Per quanto ci riguarda, riteniamo che si debba far valere l’interesse pubblico, modificando le Norme che hanno escluso la Valutazione del Rischio e dell’Impatto Sanitario che deve essere fatta, preliminarmente, all’interno della procedura autorizzativa AIA e non dopo, come invece il precedente Governo aveva stabilito e quello attuale sta confermando. Il Ministro ha a disposizione uno strumento formidabile e inattaccabile per far valere l’interesse pubblico e cioè la possibilità di ricorrere a Decreti Legge con i quali modificare le norme, garantendo prevalentemente i diritti alla salute e al lavoro, rispetto a quello di impresa. Se, come noi crediamo, nessuna multinazionale privata potrà sostituirsi a quello che è un dovere dello Stato che ha definito “di interesse strategico nazionale” la produzione di quella fabbrica, la nazionalizzazione deve essere l’opzione in campo.
Perché il Governo non muove un passo in questa direzione? Forse il Ministro vuole arrivare alla scadenza dei termini del commissariamento (mancano meno di 10 giorni oramai) quando i rappresentanti dei lavoratori e del mondo industriale non avranno alternative rispetto ad accettare di chiudere con l’opzione Mittal, accontentandosi di quello che la multinazionale indiana vorrà concedere? Noi non rimarremo in silenzio di fronte al “delitto perfetto” (così lo definiva qualche settimana fa lo stesso Ministro Di Maio) con il quale verrà affidata tutta la produzione nazionale di acciaio ad una multinazionale, ripetendo gli stessi errori fatti con la precedente privatizzazione in favore dei Riva, penalizzando ulteriormente i livelli occupazionali e i diritti dei lavoratori, e senza aver apportato garanzie reali sulla tutela della salute pubblica.
Il Governo retto da una forza politica che si dichiara “sovranista” e da un’altra che urlava a Taranto lo slogan sulla chiusura immediata dell’Ilva, continuerà a negare la possibilità di nazionalizzare la fabbrica per garantire lavoro e salute?
Mino Borraccino e Maurizio Baccaro