Il 25 aprile 1945 l’Italia si liberava dal nazifascismo, il 2 giugno 1946 sceglieva la Repubblica ed eleggeva la Costituente che il 22 dicembre 1947 avrebbe approvato, con 458 voti favorevoli e 62 voti contrari, la Costituzione Repubblicana che il 27 dicembre sarebbe stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ed il 1° gennaio 1948 sarebbe entrata in vigore. E’ incredibile, guardandole, la forza evocativa delle date: 22 e 27 dicembre 1947; ad indicare il Natale della nostra Patria nuova, scaturito dalla Resistenza vittoriosa; 1 gennaio 1948 ad indicare l’inizio della nuova vita della nostra Patria, dopo gli anni della dittatura fascista. Date che sottolineano, nel loro scorrere, l’inscindibilità di Resistenza e Costituzione Repubblicana. Il fascismo si era coperto d’ignominia con la promulgazione delle leggi razziali e si era reso colpevole del disastro causato al popolo italiano dalla guerra combattuta con l’alleato nazista. Questi due momenti drammatici della vita nazionale erano ben presenti ai Costituenti nel momento in cui scrissero, nella Costituzione, l’art. 3, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, e l’art. 11, “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Fondamentale e prioritario resta l’obiettivo della pace nel mondo, perché ormai non c’è vicenda che non ci riguardi da vicino. Non si può non avere, quindi, una profonda preoccupazione per la situazione internazionale, che diviene sempre più complessa e pericolosa e sembra allontanare, ogni giorno di più, quello che è, appunto, il nostro obiettivo primario: la pace. Tra i Padri Costituenti c’era anche Aldo Moro, cui Taranto ha dedicato grande attenzione in occasione del centenario della sua nascita: egli fu fermo nel ribadire, rispondendo, in Parlamento, a Roberto Lucifero, d’orientamento liberale, il quale parlava di “Costituzione afascista”, che la Costituzione avrebbe dovuto avere i tratti distintivi di una “Costituzione antifascista” e l’antifascismo che avrebbe dovuto permeare tutta la Costituzione doveva emergere dalla sua netta opposizione a quella che fu «la lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale». Un altro grande Padre Costituente, Piero Calamandrei, incontrando, nel 1955, gli studenti universitari di Milano così concludeva il suo discorso: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.” Giacomo Cappellini, maestro elementare di 36 anni, era uno di quei partigiani ricordati da Calamandrei.
Nella sua ultima lettera di condannato a morte, così scriveva: “Miei cari adorati genitori, quando riceverete questo mio scritto, non sarò più. Avrei tanto desiderio di rivedervi almeno una volta prima della mia dipartita, ma credo sia meglio così, come la Provvidenza destina. Avreste forse provato uno strazio troppo grande ed io sarei rimasto con il rimorso di non aver potuto alleviarlo. La mia dipartita senza un vostro ultimo bacio sarà dolorosa, ma non temete, serena e da forte. Muoio cosciente di aver compiuto il mio dovere sino all’ultimo e senza alcun rimorso di coscienza circa il mio modo d’agire, tutto dedito ad un ideale: la Patria. Mamma, babbo adorati, la penna non vi potrà mai dire, specie in questo momento, quali sentimenti d’affetto un figlio possa nutrire per voi. Il vostro caro nome m’è costantemente sulle labbra, e tanto, sì, tanto vorrei avervi vicini. Siate forti, non piangete per me. Da una vita migliore potrò guardare a voi ed attendervi per unirci per sempre. Perdonatemi tutti i dolori che casualmente vi avrò dati; come avrei voluto riempire la vostra vita di gioie, e invece … Babbo e mamma adorati, voi perdonate tutto, vero? Ed io sereno vado incontro al destino che Iddio ha voluto assegnarmi. Non maledico nessuno, non porto con me odi personali e spero che nessun odio mi accompagni. Siate forti miei cari; Martino, Alfredo ed Elvira che spero rivedrete, riempiranno il vuoto da me lasciato. Nel loro amore troverete anche il mio. Addio miei cari, addio addio, stringendovi forte al cuore, vi copre di baci il vostro Giacomo”.
La giornata, la festa del 25 Aprile ci ricorda le donne e gli uomini che sacrificarono la loro giovinezza e spesso anche la loro vita, cioè quanto di più prezioso si possa avere, per dare a noi, si proprio a noi, la libertà, la democrazia, il rispetto della dignità umana. La memoria di tutto ciò, non può non far sentire, in ciascuno di noi, una non mai sufficiente riconoscenza per quelle donne e per quegli uomini; una riconoscenza che si accresce ancor più, nel momento in cui in Europa ed in Italia risorgono forze che si richiamano esplicitamente al fascismo ed al nazismo. Riconoscenza da cui scaturisce il nostro impegno, per il presente e per il futuro, a difendere le istituzioni democratiche e la libertà; un impegno che ci faccia gridare uniti in questa nostra splendida Piazza della Vittoria: viva la Resistenza e il 25 Aprile, viva la Costituzione Repubblicana, viva l’Italia.
Dott. Giuseppe STEA, Presidente provinciale ANPI Taranto