Mai come in questo momento l’Italia ha corso rischi per la sicurezza nazionale. Sulle coste libiche ci sono 200mila clandestini pronti a sbarcare. I trafficanti di uomini infiltrano sui barconi pericolosi jihadisti. In Libia a rischio gli impianti di Eni e Finmeccanica. L’Italia si trova a dover far fronte a due fronti altrettanto caldi. Da una parte l’emergenza immigrazione, dall’altra l’avanzata dei miliziani dell’Isis fino alle coste libiche. Mentre il premier Matteo Renzi prende tempo in attesa che arrivino le regole d’ingaggio dell’Onu, la situazione rischia di farsi davvero esplosiva.
In un dossier segreto, pubblicato oggi da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, i servizi segreti italiani ammettono che “mai il nostro Paese è stato così esposto”.
Gli sbarchi e la jihad sono un tutt’uno nel piano del califfo Abu Bakr al Baghdadi per annientare l’Occidente. Perché è attraverso le decine di migliaia di disperati, che ogni giorno sfidano il Mare Mediterraneo per raggiungere l’Italia, che lo Stato islamico conta di infiltrare sanguinari tagliagole in tutta Europa. Nell’arco del 2014 sono sbarcati oltre 180mila clandestini. E il 2015 rischia di essere un anno, se possibile, peggiore. “Le ultime stime parlano di 600mila stranieri presenti in Libia, 200mila già sistemati in cinque campi di raccolta e pronti a imbarcarsi – si legge sul Corriere della Sera – ma parlano soprattutto di circa 7mila combattenti di Ansar Al Sharia che hanno aderito all’appello del Califfo e stanno marciando per conquistare il Paese”. A questi potrebbero aggiungersi anche altri fondamentalisti che aderiscono a cellule che vogliono far trionfare l’islam in Occidente.
Come spiegano i servizi segreti nel dossier segreto, i cinque campi di raccolta dei profughi si trovano al porto di Zwara, Sabrata, Janzur, Tripoli e Garabulli. Qui i trafficanti di uomini stanno ammassando tutti i disperati del Nord Africa in attesa del bel tempo per imbarcarli e spedirli in Italia.
Per fermare gli sbarchi e contrastare gli attacchi, il governo Renzi sta facendo pressioni sull’Onu per un intervento militare. I tempi di azione sono strettissimi, ma manca “la copertura giuridica internazionale per uno schiaramento di almeno 20mila uomini”. Tanto che sul tavolo c’è anche la possibilità di un intervento armato in ambito Nato. “Le relazioni degli 007 – spiega il Corriere della Sera – ribadiscono il pericolo di attentati contro i giacimenti petroliferi e del gas, le sedi delle aziende che sono costrette a tenere personale sul posto per far funzionare gli impianti”. Tra le aziende più a rischio ci sono l’Eni e Finmeccanica.
16 febbraio 2015
Fonte IlGiornale
[C.R.]