Dottor Martino Tamburrano,
nella drammatica recita che da anni va avanti sull’Ilva il suo apparire sul palcoscenico risulta come il più sospetto e pretestuoso, soprattutto per i tempi d’intervento.
Non era, il suo nome, segnato sui cartelloni all’ingresso del teatro, eppure, eccola balzare in proscenio nella parte del paladino del potente che poco si interessa delle esigenze del popolo e più bada a rimpinguar la personale borsa, contenitore di preferenze elettorali.
Tuttavia, i cittadini della provincia che lei è stato chiamato a presiedere (non certo dal popolo, per sopravvenute legiferazioni), assistono da spettatori dopo aver pagato un biglietto d’ingresso troppo oneroso in termini di salute e di vite; di questo “insignificante” particolare, che lei sembra non voler inserire nel conto, si pagano ancora, e da anni, lutti, lacrime e dolore.
Sommersi da decreti di governi che si sono succeduti in una infame gara, i tarantini ancora assistono a copioni che li vedono relegati a vittime sacrificali per l’interesse dello Stato.
Avremmo preteso che ci fosse comunione tra le Istituzioni locali su argomenti tanto seri da sconfinare in delitti contro la Costituzione; lei, al contrario, si oppone all’azione del Sindaco della più popolosa città coinvolta nella vostra recita. A tal proposito, vogliamo ricordarle che anche Massafra, comune da lei amministrato per ben 10 anni, ricade nel territorio violentemente abusato dalla contaminazione industriale.
Non siamo tra gli ideologi della “decarbonizzazione” così spesso richiamata dal presidente Emiliano, né ci ritroviamo tra gli “industrialisti” sostenitori del sindaco Melucci. La nostra idea non cambia: chiusura delle fonti inquinanti e restituzione del territorio inquinato ai comuni di pertinenza dopo bonifiche con spese a carico dei responsabili dei delitti contro l’ambiente e gli uomini.
Lei chiuderà gli occhi davanti a queste parole, si tapperà le orecchie per non ascoltare i cittadini, rimuoverà dalla mente tutti i danni, ambientali e sanitari, che un intero territorio continua a subire. Non riuscirà a vedere un futuro sostenibile neppure più in là del suo stesso naso.
Nel più buio periodo nel quale anche lei in buona parte ha condotto la provincia tarantina, per questioni importanti (come per i rifiuti provenienti dal leccese e collocati nella discarica CISA) non è pervenuto neppure il suo biglietto da visita; adesso, tenta il coup de théâtre, schierandosi ancora una volta contro chi pretende il diritto alla salute prima ancora di quello al lavoro.
Nulla di tutto questo, però, la scalfirà minimamente, forte della soddisfazione di aver calcato per un quarto d’ora le assi del palcoscenico in previsione, forse, di un’eventuale candidatura a più alto incarico, anche se per questo si debba passare dall’accettazione dell’immunità penale per i gestori del siderurgico.
Già la immaginiamo, seduti in platea, nei panni dello shakespeariano Amleto mentre accarezza il teschio di un’intera provincia e si concentra per ritrovare nei meandri della mente la frase da dire.
Gliela suggeriamo noi, se ce lo permette: “Essere o non essere? Questo è il SUO problema.”
Tutto ha un prezzo, dottor Tamburrano, anche solo quello che si paga alla propria coscienza.
Genitori tarantini