A sentire gli esponenti di governo che frequentano con assiduità l’area di Taranto, soprattutto con l’avvicinarsi delle elezioni politiche, l’aeroporto di Grottaglie è un gioiello la cui valorizzazione come infrastruttura cargo in collegamento con il porto dovrebbe garantire l’avvio di un nuovo processo di sviluppo, capace di superare le difficoltà e i pericoli sanitari e ambientali che sinora sono stati disseminati dall’Ilva. Poi arriva il giorno in cui il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, presenta, insieme alla struttura di missione del trasporto aereo, il Position Paper contenente le azioni per il rilancio del traffico cargo, e ti accorgi che il futuro è altrove e che il ministero (quindi il governo) considera strategici per il trasporto merci, 6 aeroporti italiani, destinati a diventare hub cargo: Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Bergamo Orio al Serio, Venezia, Bologna e Catania. Nei prossimi 4 anni, sino al 2020, saranno investiti per il miglioramento degli aeroporti cargo 157 milioni di euro: 130 sulle infrastrutture cargo del Centro Nord, dove si svolge il 98 per cento del movimento merci.
Con l’obiettivo di realizzare un hub cargo in Sicilia il Governo ha messo a disposizione di Catania 13 milioni di euro. A Grottaglie-Taranto sono invece destinati 9,6 milioni di euro per sostenere le attività di Test Range e quindi per garantire infrastrutture per attività industriali legate alla sperimentazione e ai test di nuove soluzioni aerospaziali. La somma destinata a Taranto-Grottaglie è affidata alla società Aeroporti di Puglia e rientra nel contratto di programma 2016-2019 sottoscritto tra Regione e Governo. Dopo il gran parlare che si è fatto a proposito del valore e del ruolo di Grottaglie come scalo con destinazione cargo e industriale inserito nel Piano nazionale degli aeroporti ci saremmo aspettati di più in quanto a investimenti. In attesa di capire se davvero sarà possibile attivare qualche volo civile. Taranto e le sue rappresentanze politiche, sociali e istituzionali non devono accontentarsi delle briciole. Tanto meno devono continuare a parlare di porto e aeroporto e di voli civili da ottenere chissà quando, senza preoccuparsi, ora e subito, di capire, sulla scorta dei documenti di programmazione che contengono le scelte del governo centrale, cosa si può conquistare come giusto riconoscimento per porre la basi di un nuovo modello di sviluppo. Tra le azioni per il rilancio delle attività cargo alcune azioni vengono definite fondamentali. Spiega il ministro Delrio: «Ai fini di una immediata operatività è necessario realizzare i seguenti interventi: attuazione dello “Sportello Unico Doganale e dei Controlli” e la promozione del manifesto elettronico; formale recepimento delle linee guida di indirizzo strategico tratteggiate nel Position Paper negli opportuni atti di indirizzo (Piano Nazionale degli Aeroporti, Piano Nazionale della Logistica) da parte delle Autorità preposte; istituzione negli aeroporti a maggiore vocazione cargo, o immediatamente a ridosso degli stessi, di agevolazioni e semplificazioni coerenti con il Codice doganale unionale e di Zone Economiche Speciali nelle aree del Mezzogiorno ove sia possibile stimolare una filiera del trasporto merci via area oggi poco attrattiva».
Proprio l’attivazione prevista dal Decreto Mezzogiorno di una Zes collegata al porto e retroporto di Taranto, sulla quale deve ancora pronunciarsi la Regione per quanto riguarda le aree da contenere nel perimetro della stessa e il governo nazionale per quanto riguarda l’emissione del decreto attuativo che fissa i criteri per la perimetrazione, deve spingere chi vuole costruire un nuovo modello di sviluppo a ragionare sulla concretezza delle cose e non su modelli vuoti come quelli annunciati con la legge per Taranto su cui si sta discutendo in Consiglio regionale.
Il riferimento che si fa (che fa lo stesso ministro Delrio) alla necessità, per sviluppare le attività cargo, di “uno sportello unico doganale e dei controlli” può aiutare lo scalo di Grottaglie a sperare in qualche volo civile. Sul serio. Ma per avere successo bisogna saper cogliere ciò che è previsto negli atti di programmazione e poi pretenderne il rispetto. Nella legge per Taranto di cose concrete non se ne vedono. Lì ci sono solo parole. Ecco perché Taranto deve giocare una doppia partita: a livello nazionale e regionale, ben sapendo che spesso i due livelli entrano in conflitto (per motivi tutti interni al Pd) e l’area ionica ne paga le conseguenze.
On. Avv. Gianfranco Chiarelli
Commissione Giustizia Camera dei Deputati
Roma, 01/12/2017