La drammatica evoluzione della vicenda Ilva ha posto nuovamente al centro dell’agenda politica e sociale il carattere strategico della siderurgia in un paese che resta, nonostante il pesante processo di deindustrializzazione di questi anni, uno dei principali paesi manufatturieri a livello globale. “Ilva, le cui scellerate scelte del governo rischiano di avviare, affidando la proprietà al colosso Arcelor-Mittal, la definitiva liquidazione della produzione di acciaio in Italia. Ilva è tuttavia parte di un lungo processo di progressivo smantellamento del settore. L’ acciaieria ex Lucchini di Piombino, ora Aferfi, è stata la prima vittima del liberismo governativo e della complicità sindacale di Cgil Cisl Uil – dichiarano dall’USB nazionale -. Vero e proprio laboratorio di svendita del patrimonio pubblico e spoliazione di diritti e salario. La cessione ad un faccendiere algerino senza alcuna garanzia di risorse adeguate per rilanciare lo stabilimento dal punto di vista produttivo e garantire investimenti sul terreno ambientale si è rivelata, non avrebbero dovuto esserci dubbi sin dall’inizio, un’operazione truffaldina che ha gettato in una situazione drammatica i lavoratori e Piombino. La sciagurata coazione a ripetere del governo sta conducendo alla ricerca di una nuova impresa che subentri ad Aferpi. La vicenda dell’AST, dopo la chiusura del magnetico e la dura vertenza del 2014 che ha portato ad un accordo capestro che non garantisce la tenuta del ciclo integrato (quindi dell’area a caldo) e dell’occupazione, testimonia il progressivo disimpegno di ThyssenKrupp dall’Italia – continuano dal nazionale -. Scenario che si prospetta è quindi quello della progressiva liquidazione della siderurgia in Italia per passare ad un paese che lavora e distribuisce acciaio ma non lo produce. Sebbene questo possa avere effetti positivi sulla salute delle popolazioni e sull’ambiente, non va sottovalutato l’impatto sull’occupazione e sull’insieme del sistema industriale. Va rigettato ogni tentativo di contrapporre ambiente e lavoro. Produrre in maniera diversa si può e si deve”. Secondo USB “il bilancio sullo stato del settore dovrebbe indurre il governo, la politica e le istituzioni a promuovere un piano straordinario per riportare sotto controllo pubblico la produzione dell’acciaio. Unica possibilità di coniugare salute, sicurezza,ambiente e lavoro. Tuttavia la vicenda Ilva dimostra che non esiste alcuna volontà di andare in questa direzione. Il governo cocciutamente, nonostante il disastroso bilancio sociale e produttivo dei privati, escludendo qualsiasi intervento diretto del pubblico si rende ostaggio di sciacalli e avvoltoi indisponibili a investire le risorse necessarie per l’ambientalizzazione, le bonifiche e il rilancio produttivo. Soprattutto rendono i lavoratori e le popolazioni ostaggi di condizioni capestro imposte con il ricatto della disoccupazione”. USB ha un insediamento significativo nel settore. “La vertenza Ilva ha, per la nostra organizzazione, l’obbiettivo di impedire che il modello Piombino ricada sulla più grande acciaieria d’Europa. Per queste ragioni il nascente coordinamento nazionale Siderurgia USB ha deciso di costruire una campagna per la nazionalizzazione della Siderurgia di questo paese. Nazionalizzare significa per USB riprogettare forme di gestione e controllo partecipate e collettive. Significa ripensare al ruolo delle popolazioni e dei territori interessati nel rapporto con il patrimonio industriale pubblico. Non certo alla riconsegna alle speculazioni del ceto politico. Le risorse per questo piano possono essere ricavate dall’intervento nella proprietà di Cassa depositi prestiti e con la rottura dei limiti di spesa imposti dalla UE al bilancio dello stato. USB per il lancio della campagna promuoverà un’iniziativa pubblica di confronto sul tema”, concludono i portavoce di USB nazionale.