Le acque del Mar Piccolo e del Mar Grande di Taranto, con la loro straordinaria biodiversità e l’ampia estensione territoriale, rappresentano un patrimonio di inestimabile valore ecologico e strategico. La complessità di questo ecosistema, che ospita una varietà di specie marine uniche, richiede un’attenzione costante e una sorveglianza attenta. Chi vive e lavora in queste zone ha spesso avuto modo di osservare come le risorse a disposizione del personale preposto al controllo, come ad esempio la Capitaneria di Porto, possano risultare talvolta limitate rispetto alla vastità dell’area da monitorare.
Si tenga conto che detto personale, oltre agli aspetti dedicati alla tutela dell’ambiente marino e dei suoi ecosistemi, ha tra le sue competenze anche quelle di vigilanza dell’intera filiera della pesca marittima, della salvaguardia della vita umana in mare per un tratto di costa che va, all’incirca, da Punta Prosciutto a Nova Siri, nonché la sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo, in una città come quella di Taranto, che ospita il più grande porto militare italiano ed uno dei più grandi porti commerciali d’Italia per trasporto materiali e che, negli ultimi anni, si sta aprendo anche al traffico di passeggeri con l’arrivo delle navi da crociera.
Le sfide quotidiane, affrontate con dedizione dagli operatori, mettono in luce la necessità di un adeguato supporto in termini di mezzi e personale, al fine di garantire una sorveglianza efficace e continua, indispensabile per la tutela di questo delicato ambiente.
Proteggere il Mar Piccolo è una sfida complessa, ma possibile: con tecnologia, collaborazione e rispetto per il territorio, si può trasformare una zona vulnerabile in un modello di sorveglianza ambientale. Il Mar Piccolo di Taranto è una laguna unica, caratterizzata da due seni interni, fondali bassi e sorgenti di acqua dolce chiamati citri. La sua morfologia lo rende un ambiente fragile, vulnerabile ad attività illecite: per proteggere l’ambiente, a partire dalle aree più sensibili, salvaguardare le attività economiche, mitilicoltura in primo luogo, e contrastare attività illegali, dalla pesca abusiva agli scarichi non autorizzati, proponiamo un Piano di controllo delle attività illecite, un piano operativo adattato alla morfologia lagunare del Mar Piccolo.
Ecco le sue linee guida, riportate nel documento che il Patto di comunità per l’Ecogiustizia di Taranto, cui hanno aderito Acli, Agesci, Arci, Azione Cattolica, Legambiente, Libera, Wwf, Cgil, Confcommercio, Confcooperative, Peacelink , Anpi, Contramianto, Unicop, Contatto Aps, La Citta’ Che Vogliamo, Associazione culturale Marco Motolese, Movimento giovanile Terra Jonica, Rete degli Studenti Taranto/collettivo 080, Csv Centro Servizi Volontariato Taranto, Commissione Diocesana per la Custodia del Creato, Centro giustizia pace e integrita’ del creato dei Frati Minori del Salento, ha fatto pervenire per il tramite del Commissario alle bonifiche, dottor Uricchio, alla delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ed altri illeciti ambientali e agroalimentari, in missione a Taranto in questi giorni.
Mappatura e analisi del territorio
Prima di agire, bisogna conoscere. Effettuare una mappatura dettagliata con droni e sonar. Le zone sensibili (citri, allevamenti di mitili, impianti di mitilicoltura semisommersi, aree militari) vanno identificate e classificate per rischio. L’individuazione e la successiva rimozione degli impianti di mitilicoltura semisommersi è fondamentale nel processo di presidio e vigilanza dell’area: infatti la molteplice presenza di queste strutture, fortemente rischiosa per la navigazione, è un grande ostacolo per le attività delle forze dell’ordine. Coloro che delinquono nel Mar Piccolo sono profondi conoscitori della dislocazione di queste strutture e le sfruttano per rendere a volte infruttuosi i tentativi di intervento delle Forze dell’ordine preposte che, anche a causa della inidoneità dei mezzi in dotazione, talvolta sono impossibilitate ad effettuare i controlli previsti.
Sorveglianza tecnologica
Telecamere fisse, droni aerei e marini, sensori ambientali: la tecnologia deve entrare in campo per controllare, rilevare anomalie e monitorare movimenti sospetti, anche di notte o con visibilità ridotta.
Pattugliamenti coordinati
Utile la creazione di una task force interforze di Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, ARPA, Carabinieri, Polizia Locale e Guardie Ambientali, con pattugliamenti su piccole imbarcazioni a basso pescaggio per adattarsi alla morfologia lagunare.
Segnalazioni
Oltre all’azione sul campo, è essenziale l’informazione. Una piattaforma digitale potrebbe raccogliere segnalazioni, anche anonime, e analizzare dati provenienti da GPS, satelliti e operatori locali (pescatori, mitilicoltori) in una logica di “controllo di comunità”.
Prevenzione
Le sanzioni sono necessarie, ma da sole non bastano. Il piano deve prevedere campagne di sensibilizzazione per scuole, pescatori e cittadini, affinché la protezione del Mar Piccolo diventi un impegno condiviso.
Sanzioni e comunità attiva
Oltre ad applicare sanzioni severe per scarichi non autorizzati, pesca illegale e occupazione abusiva di specchi d’acqua, va coinvolto il territorio, anche con campagne di educazione ambientale rivolte a scuole e operatori economici, per giungere ad un monitoraggio partecipato che veda protagonisti mitilicoltori, associazioni e cittadini
Valutazione e aggiornamento
Ogni tre mesi, report aggiornati valutino l’efficacia delle azioni, con l’obiettivo di adattare il piano a nuove sfide, cambiamenti climatici o sociali.