Quante volte lo abbiamo sentito dire? “Quant’è bella la vostra città! Peccato che…”. E già, peccato che… E con grande amarezza lo ammettiamo: Taranto è splendida, potrebbe addirittura essere unica. Eppure… eppure fa i conti proprio con i suoi pregi, o in ogni caso con le sue potenzialità. Di qualunque natura. E’ come se le tante “cattedrali” naturali o costruite siano ferite aperte che ne minano lo sviluppo, ne deturpano la riconosciuta bellezza. Insomma, è un trascinarsi quotidiano nei suoi contrasti.
Dal più grande stabilimento siderurgico d’Europa, l’ex Ilva ormai da rottamare, al più importante sito militare d’Italia, l’Arsenale un tempo attivo e operativo, ora buono solo per ospitare la flotta quasi come un bed&breakfast. O come il porto mercantile, forse il luogo simbolo dell’attuale inutilità commerciale, trasformato in area d’attracco per navi da crociera non certamente paragonabile ad altre realtà consolidate e talvolta hotspot per migranti. O ancora il vicino aeroporto di Grottaglie, buono solo per l’industria o per la Difesa, o al massimo per i voli privati: mai sia per i voli passeggeri. Per non parlare del nuovo ospedale ‘San Cataldo’, mai pronto e la cui organizzazione finale, in termini di assistenza e di professionalità, è sconosciuta ai più. E che dire di una città depressa commercialmente, il cui decoro urbano e i servizi lasciano il tempo che trovano?
Tante “cattedrali” nel deserto. Ai quali vanno aggiunti i pochi recuperi in Città vecchia dei quali non si hanno notizie sulla destinazione finale. Oppure il vergognoso stato in cui versa il Palazzo degli Uffici, in pieno centro: c’è da commentarne la situazione?
E quel che preoccupa di più, a parte altre vicende meno ricercate ma altrettanto conosciute (prendete il Mar Piccolo appetito dagli affaristi dell’energia eolica anzichè bonificato e restituito definitivamente alla mitilicoltura, l’abbandonata Villa Peripato o l’inattivo Lungomare o, ancora, l’area della Croce, quella camper, per non parlare della riqualificazione mai avvenuta di Porta Napoli, i mercati: potremmo continuare a oltranza), è il futuro di “cattedrali” in costruzione. Di che parliamo? Del nuovo stadio ‘Iacovone’, della nuova piscina, del complesso Magna Grecia: dopo l’utilizzo per i Giochi del Mediterraneo che fine faranno e, soprattutto, chi sarà in grado di gestirli?
Qui non si tratta dei soliti lamenti del tarantino medio: è solo e soltanto la constatazione della realtà. E cioè quella di una città il cui tessuto socio-economico è fragile e l’imprenditoria locale – tranne una piccola parte virtuosa e coraggiosa – spera sempre nell’appalto facile o nel comodo subappalto, vivacchiando qua e là senza mai davvero guardare oltre, e cioè investendo sul territorio e finalmente in settori che non siano l’acciaio o i servizi.
Insomma, Taranto è una splendida “cattedrale” ma poco custodita e curata e conservata. Regge la sua bellezza perchè bella lo è davvero ed è capace in qualche modo di strappare sorrisi a quanti la scoprono per la prima volta. Ma basta? E soprattutto: alla vigilia, o quasi, del rinnovo delle cariche a piazza municipio saprà finalmente trovare chi ne invertirà il destino di… bella e dannata?