Acquedotto pugliese replica alla nota stampa del comitato per la difesa del territorio jonico, pubblicata integralmente sul nostro quotidiano il 3 marzo scorso.
Il dissalatore di Taranto è ecosostenibile secondo gli stringenti criteri della Tassonomia UE e il CNR non si è mai espresso contro il progetto né contro la dissalazione in generale. Anzi, lo studio citato nell’articolo, “Siccità scarsità e crisi idriche. Il contributo della ricerca a supporto della definizione del bilancio idrico”, fra le possibili soluzioni contro le crisi idriche cita anche la dissalazione. Il report, nell’introduzione del capitolo 10 dedicato alle risorse idriche non convenzionali, afferma che “la desalinizzazione delle acque marine e salmastre costituisce un’importante alternativa in grado di offrire un’acqua di alta qualità e indipendente dal regime meteo-climatico”. Si citano i progetti di dissalazione previsti in Puglia “a causa del progressivo depauperamento degli acquiferi costieri” e utili a “incrementare la resilienza degli schemi idrici della penisola salentina”. E si sottolinea che “le sorgenti costiere salmastre (con TDS compresi tra 5000 e 20 000 mg/L – il Tara ha meno di 5000 mg/L di solidi totali disciolti, ndr) sono considerate siti molto adatti per la realizzazione di impianti ad osmosi inversa grazie ai minimi costi di smaltimento delle salamoie direttamente in mare”.
Il dissalatore di Taranto, come si può evincere dal progetto che ha superato tutte le autorizzazioni previste, è perfettamente coerente con la visione di quello studio che qualcuno pretende di opporre alla strategia di Acquedotto Pugliese (AQP). La salamoia sarà di un tenore così basso da essere più dolce dell’acqua del mare, il consumo energetico sarà contenuto e coperto al 100% da fonti rinnovabili, non ci saranno nuove opere sul fiume (si useranno prese esistenti) e si garantirà un deflusso ecologico (come mai fatto prima) sulla base di un metodo già utilizzato in 200 fiumi di 13 regioni italiane e validato da ISPRA.
Il dissalatore si affiancherà alle altre azioni già in atto. Il recupero delle perdite idriche e l’efficientamento dei processi già oggi consento ad AQP di soddisfare il fabbisogno prelevando circa 100 milioni di metri cubi all’anno in meno rispetto al 2009. Una capacità gestionale che ha consentito alla Puglia di superare il 2024 senza interruzioni di servizio in un contesto in cui ampie aree del Sud Italia hanno subito razionamenti alla fornitura idrica. Il lavoro prosegue e attualmente sono in corso interventi che riguardano 1.300 chilometri di reti per un investimento complessivo di circa 800 milioni di euro. Lavori di risanamento reti sono in corso tra l’altro proprio in questi giorni a Taranto.
La dispersione potabile in Puglia inoltre non è del 50%. Secondo il censimento Istat del 2024 (l’ultimo disponibile), basato su dati 2022, la Puglia ha un tasso di perdite del 40,7%, meno della media nazionale (42,4%) e molto meno della media del Sud Italia (50,5%). Sulla base degli interventi programmati, AQP stima di raggiungere nel 2028 un tasso del 32,7%. La regione con meno perdite in Italia ad oggi ha il 29,7%. Tutto ciò, nella condizione unica della Puglia di una rete idrica estremamente lunga: 24 mila chilometri di condotte, di cui 5 mila di grande adduzione.
Sul riuso la Puglia rappresenta una best practice in Italia e ha un corposo piano di investimenti. Sin dal 2009 Acquedotto Pugliese adegua i suoi impianti di depurazione per affinare le acque già trattate e renderle idonee al riuso irriguo. Nel 2024, ad esempio, da 6 impianti è stata fornita risorsa all’agricoltura. Ad oggi sono 41 i depuratori di AQP dotati di stazioni di affinamento per un potenziale di 60 milioni di metri cubi d’acqua. Entro il 2028 i depuratori adeguati al riuso saranno 75, oltre un terzo del totale, per una capacità di circa 131 milioni di metri cubi di acqua.
Il dissalatore di Taranto si inserisce in questa strategia e risponde all’esigenza di diversificare le fonti e rendere più autonomi e resilienti Taranto e l’arco ionico salentino, l’unica area pugliese servita da una sola linea di approvvigionamento, tra l’altro extraregionale.
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SCHEDA: LA TASSONOMIA UE
La tassonomia europea è un sistema di classificazione sviluppato dall’Unione Europea per identificare le attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. È stata introdotta con il Regolamento UE 2020/852, noto come Regolamento sulla Tassonomia, ed è uno strumento chiave del Green Deal europeo e del piano di finanza sostenibile
Obiettivi principali della Tassonomia UE:
· Creare un linguaggio comune sulla sostenibilità: fornisce criteri chiari e standardizzati per determinare se un’attività economica è effettivamente sostenibile.
· Impedire alle aziende di dichiarare come “green” attività che non lo sono realmente.
· Orientare gli investimenti verso la transizione ecologica: aiuta investitori e imprese a scegliere progetti e attività allineati con gli obiettivi ambientali dell’UE.
Un’attività economica è considerata sostenibile se contribuisce in modo sostanziale a uno dei sei obiettivi ambientali dell’UE:
· Mitigazione dei cambiamenti climatici
· Adattamento ai cambiamenti climatici
· Uso sostenibile delle risorse idriche e marine
· Transizione verso un’economia circolare
· Prevenzione e riduzione dell’inquinamento
· Protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi
In particolare, un’attività economica è considerata sostenibile se:
· contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più degli obiettivi ambientali;
· non arreca un danno significativo a nessuno degli altri obiettivi ambientali.