Cominciamo dal principio di questa storia.
Un racconto che ha un codice: il tristemente noto 048.
Dei protagonisti: noi e la nostra disperazione di famiglia, per una diagnosi così nefasta in un uomo ancora così giovane, e un medico che, finalmente, dopo tanto peregrinare, si impegna ad ascoltarci, a comprendere il nostro malessere, empatizza con noi e malgrado tutto, contro l’avversità di stime e casistiche, decide di correre il “rischio” di una guarigione.
E’ una storia a lieto fine la nostra, e questa è una lettera che oltre a ringraziare il dott. Maurizio Cervellera, primario del reparto di chirurgia del SS. Annunziata di Taranto, prova a restituire fiducia e speranza a chi come noi si trova ad attraversare questo difficile calvario. E si trova a farlo qui, nel Sud dell’impero, nella città in cui per vulgata comune è difficile curarsi.
Non è vero. O almeno per noi non è stato così!
Mio marito impatta nella malattia mentre fa prevenzione. Sua sorella e sua madre erano state operate qualche anno prima. Lo screening è necessario in questi casi e alla fine del 2022, conferma la familiaretà, mostrando i primi segni dello stesso male. La sentenza definitiva, che quasi non lascia scampo, arriverà qualche settimana dopo.
I medici accedono nell’addome di mio marito ma si limitano ad un’esplorazione perché quel tumore ha viaggiato fino al peritoneo dove ha creato metastasi.
Io e mio marito veniamo catapultati in quel girone dantesco dove gli 048 entrano ed escono da stanze piene di sacche, tac, risonanze, pet, consulti fatti in giro per l’Italia in cui dietro la carne dei malati c’è solo un caso da esaminare. A volte a testa bassa. Senza guardare negli occhi.
Il dott. Cervellera no. Lui e il suo staff hanno alzato lo sguardo. Ci hanno visti. Riconosciuti nel nostro dolore e nel SS. Annunziata di Taranto, a due passi da casa nostra, con le nostre famiglie vicino, si sono occupati di noi, si sono occupati di mio marito.
Incontriamo il dott. Cervellera ad aprile del 2023. Prima di lui una dottoressa calma la nostra agitazione e dolcemente ci affida nelle sue mani.
Si siede di fronte a noi e alle sentenze registrate altrove sostituisce parole di speranza.
Lo ascoltiamo. Siamo basiti. Dopo la diagnosi grave di quattro mesi prima e tre cicli di chemio, il dott. Maurizio Cervella ci parla con la lingua nuova. Medicina sapiente e empatica assieme. Ci dice dobbiamo operare per stabilizzare la situazione.
Mio marito entra in sala operatoria perché non sembra esserci altro da fare, ma in noi si affastellano i timori, compreso quello più ricorrente in noi tarantini. Ma a Taranto che vuoi che vada bene?
Siamo terrorizzati.
Passano le ore, l’operazione è conclusa, il dottore ci chiama e ci spiega l’esito dell’intervento. Il ricovero in ospedale dura circa due mesi. Il decorso è complicato, altri due interventi e un’equipe che non si è mai arresa nel cercare le migliori soluzioni possibili.
Al momento delle dimissioni la situazione è ancora critica, ma noi torniamo a casa, anche se con la paura nel cuore. Passano i giorni e poi i mesi e le condizioni pian piano migliorano. Con cadenza quasi settimanale il dottore chiede di vederci, esamina ogni TAC di controllo, non ci abbandona anzi ci guida nel da farsi, ci incoraggia, ci mostra sempre il lato positivo che in situazioni del genere è difficile scorgere.
Ci domandiamo chi siamo noi per meritare tutto questo?
Riprendiamo la chemioterapia e i cicli si susseguono per mesi. Ad un anno dalle dimissioni, vuole vedere l’ultima TAC non accontentandosi del referto scritto ma studiando tutte le immagini. Una ad una. Ci riconvoca e ci paventa la possibilità di poter effettuare un nuovo intervento, quello che potrebbe eliminare il problema principale, proprio a noi che al momento della diagnosi era stato detto che non si poteva sperare in alcuna rimozione. Prima però è necessario un consulto multidisciplinare. L’ esito è positivo. Opera. L’intervento si conclude con successo.
È l’agosto del 2024 e speriamo che sia la fine di questa storia e l’inizio di un nuovo racconto.
Oggi la mia famiglia è tutta qui e ha il bisogno di raccontare per ringraziare, perché se è vero che curare un paziente è doveroso, prendersene cura è estremamente più raro. E quella eccellente rarità è qui. A Taranto.
Grazie pertanto a medici, infermieri, OSS, inservienti del reparto di Chirurgia dell’Ospedale SS. Annunziata di Taranto.
E un grazie speciale al dott. Maurizio Cervellera per la vita che ci ha restituito, ma soprattutto per quando ha messo vita nei giorni che sapevano solo di morte.
Firmato: Una famiglia a cui la sanità tarantina ha riconsegnato speranza!