Probabilmente il dissalatore sul Tara si farà. Difficile che le prese di posizione – forse un po’ tardive – della politica locale e la reazione di cittadini, associazioni e comitati per stoppare l’impianto fermerà la volontà di Regione Puglia e Acquedotto Pugliese di dotarsi di un impianto certamente utile alle comunità pugliesi ma che appare altamente impattante nel luogo in cui sarà costruito, e cioè l’area del fiume Tara. Insomma, pare proprio l’ennesimo sacrificio chiesto forzatamente alla nostra terra.
Intanto è battaglia, nel senso che i cittadini assieme ad associazioni e comitati stanno pressando le istituzioni, locali e soprattutto regionali, affinché il progetto del dissalatore venga riveduto e corretto nella scelta del sito: il Tara, com’è noto, rappresenta un luogo storico e naturale che subirebbe uno stravolgimento difficilmente accettabile. Vari gli interventi e gli incontri a livello locale e regionale che hanno tentato e tentano di stoppare Regione e AqP. In mezzo anche un paio di esposti/denuncia prodotti da Vincenzo Fornaro, nella cui azienda – si ipotizza – sono stati marchiati senza alcuna autorizzazione ulivi da espiantare per far posto a strutture del progetto dissalatore. Fornaro, ricordiamolo, fu già penalizzato dall’inchiesta su Ilva perché le sue pecore infette dall’inquinamento furono abbattute: insomma, è assolutamente comprensibile la preoccupazione di vedersi ulteriormente penalizzato senza alcuna possibilità di dire la sua e soprattutto senza aver autorizzato nessuno a pestare i suoi terreni per marchiare i suoi ulivi.
La strada, in sostanza, sembra ormai segnata. Anche perché il progetto non è nuovo, “figlio del Piano d’Ambito 2020-2045 approvato nel 2022 dopo un lungo iter per la VAS”, come spiegava il presidente di AqP Domenico Laforgia, nel marzo 2024, sul sito ufficiale. Bene, tralasciando tutti passaggi che hanno definito un progetto del valore di poco meno di 90 milioni di euro, c’è da chiedersi: i nostri rappresentanti politico-istituzionali a vari livelli non ne sapevano davvero niente? E se sì, come mai soltanto oggi si mettono quasi tutti di traverso cavalcando come al solito la protesta popolare, soprattutto coloro i quali appartengono alla stessa area politica di chi comanda in Regione? E non sembra davvero una decisione d’imperio visto e considerato che esistono pareri negativi di vari organismi scientifici e il parere negativo del Ministero della Cultura secondo cui l’opera è in contrasto con il paesaggio e l’ambiente sotto ogni punto di vista?
Magari, a suo tempo – senza per questo voler essere depositari di verità – si poteva intervenire chiedendo al Ministero dell’Ambiente di sottoporre il Tara ad ‘area marina protetta’, semmai potesse procedersi in questo percorso. Ma di più, e di ciò ne siamo convinti, avrebbero potuto fare – come detto – i nostri rappresentanti politici a tutti i livelli, a costo di entrare in dissenso con l’area politica di appartenenza: farlo oggi è troppo tardi.
In ogni caso, la battaglia di tanti non è finita e la speranza è che in qualche modo si riesca a fermare l’ennesimo scempio sul nostro territorio. Taranto ha dato troppo, è giusto il tentativo di stoppare il fare predatorio che incombe da decenni da queste parti e che spesso, troppo spesso prevale anche grazie a complicità locali. In tanti oggi guaiscono per ripulirsi la coscienza, e non sono certo i cittadini che di ciò che accade nelle stanze del potere sanno ben poco o nulla.