“La vicenda ex-ILVA torna ad essere un buco nero fatto di annunci, parole, intendimenti, ma che da oltre dieci anni ci tiene incatenati ad una visione statica dello sviluppo di questo territorio. Come CGIL non la pensiamo così e ancora una volta sottolineamo come la decarbonizzazione di quegli impianti non sia una mossa arbitraria da battaglia a Risiko, ma un diktait impellente richiestoci dalle esigenze di salute e sicurezza e dalle normative europee. Per questo il ruolo dello Stato non è un fattore di secondaria importanza. Anzi, direi dirimente”.
La conferenza stampa di CGIL e FIOM CGIL sul delicato passaggio che sta riguardando il cambio di asset proprietari sulla proprietà degli impianti ex ILVA comincia con le parole di Giovanni D’Arcangelo, segretario generale della CGIL di Taranto.
«Prima di ogni valutazione È imprescindibile sciogliere la questione relativa al ruolo che lo Stato dovrà svolgere nel futuro assetto societario di ex Ilva».
A parlare così è stato Loris Scarpa, responsabile nazionale Siderurgia della Fiom Cgil, che ha spiegato che «in tutto il mondo, qualunque Stato nella siderurgia svolge un ruolo attivo ed è direttamente partecipe nel capitale delle aziende più importanti.e ».
Quindi come già dimostrato in diversi casi, Beko su tutti, la Golden Power non dà nessuna garanzia sull’occupazione e sugli assetti industriali . Serve il coinvolgimento diretto come, del resto, più volte sostenuto.
Ma ciò che più allarma Loris Scarpa è il fatto che sulle proposte di acquisto degli stabilimenti di Acciaierie d’Italia «non c’è discussione né si conoscono i contenuti delle stesse. Assistiamo soltanto alle continue dichiarazioni rilasciate alla stampa in varie interviste da un soggetto interessato all’acquisto (Narendra Kumar Misra, direttore per le operazioni europee di Jindal Steel International, ndr) su quelle che sono le sue intenzioni ma, in realtà, al momento non è noto nulla e non è partita la discussione col sindacato che va ripresa quanto prima. Lo ribadiamo – ha concluso il suo intervento Loris Scarpa – non ci sono alternative alle garanzie del mantenimento dei livelli occupazionali e che si proceda sulla strada della decarbonizzazione. che per essere attuata va fatta con gli impianti in funzione nel rispetto degli accordi sulla ripartenza. Per noi è inaccettabile che si arrivi a un fermo impianti se non ci sono i nuovi e il governo deve garantire la liquidità necessaria al rispetto del piano stesso”.
«La transizione – ha fatto eco Francesco Brigati, segretario generale della Fiom Taranto – va accompagnata e per farlo necessita di un piano industriale da parte dei nuovi acquirenti che traguardi obietti e tempi certi sul processo di decarbonizzazione. Il fatto – ha aggiunto Brigati – che dal 26 luglio del 2012, quando gli impianti furono posti sotto sequestro, quindi da 13 anni, *si discute di interventi mirati su un possibile cambio radicale del ciclo integrale senza mai realizzarle. E questo non è più accettabile per i lavoratori e cittadini ».
Perciò, ha fatto presente il segretario della Fiom Taranto, è necessario «che il governo ci convochi al più presto per renderci partecipi di quelli che sono i contenuti delle offerte vincolanti di acquisto in vista, soprattutto, di quelli che saranno gli ulteriori rilanci. Insomma – ha poi concluso Brigati – si potrà avere un quadro chiaro della situazione solo convocando un tavolo a Palazzo Chigi. Resta il fatto che, per noi, i ragionamenti andranno fatti sulle tre proposte di acquisto che puntano all’acquisizione di tutti gli stabilimenti ex Ilva e non su quelle riferite a semplice asset».
Per D’Arcangelo nel dibattito, inoltre, è fin troppo assente il tema della transizione giusta prevista dagli strumenti finanziari del Green Deal (Just Transition Fund).
“Per Taranto e il Sulcis la mitigazione delle forti perdite occupazionali legate alla transizione ecologica stenta a trasformarsi in azioni adeguate, considerato inoltre che il Programma Nazionale italiano adottato nel dicembre del 2022, perdura a non avere la cosiddetta messa a terra e il dibattito nostrano continua a nutrirsi con troppa enfasi di espansione di settori come il turismo o addirittura il traffico croceristico e stagionale, contraddistinti da un basso contenuto tecnologico e bassa produttività, nonché occupazione precaria”.
“Il governo sta lavorando alla costruzione del libro verde per le politiche industriali, ripensando anche ad un nuovo rapporto tra imprese e stato – termina D’Arcangelo – Nella costruzione di questo documento si apre al rapporto con gli stakeholders. Speriamo che non sia una consultazione di facciata ma che sia reale. Noi riteniamo e rivendichiamo la presenza dello stato nella governance delle imprese strategiche dello Stato, come ad esempio per l’ex ilva. Come Cgil Puglia abbiamo scritto al presidente della regione Puglia per costruire insieme la visione industriale del futuro all’interno del libro verde, a partire dagli 800mln di euro del JTF dove non c’è una progettazione aperta. Quelle risorse ce le danno per mitigare gli effetti della transizione industriale. Taranto può e deve rappresentare il laboratorio sociale della trasformazione industriale, ma questo non si può fare sulla testa o alle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori”