«Fermateli, perché è un crimine, un delitto». Esordisce così il professor Vittorio Sgarbi, politico e noto storico e critico d’arte, raggiunto telefonicamente dal nostro quotidiano per esprimere un parere sui lavori di restauro dello storico palazzo marchesale di Montemesola, che stanno suscitando non poche polemiche sui social.
La struttura, risalente al 1471 e rinnovata poi nel ‘700, dall’allora Marchese, costituisce il fiore all’occhiello del piccolo borgo in provincia di Taranto.
Negli anni, diversi sono stati i lavori effettuati anche all’interno, dove le antiche “chianche” sono state sostituite da un comune pavimento e l’impianto elettrico ha sovrastato con le prese gli affreschi originali.
Dopo un lungo periodo di degrado, l’attuale amministrazione comunale di concerto con la soprintendenza per i beni culturali, ha dato avvio ai lavori di sistemazione della facciata su Piazza IV Novembre.
I pareri sono discordanti: la nuova facciata, intonacata e tinteggiata di bianco, divide l’opinione pubblica. Da un lato, chi si compiace per l’aspetto rinnovato e sicuramente pulito e decoroso; dall’altro chi invece ravvisa nei lavori un oltraggio a quella che è la storia e quelle che sono le radici della comunità, fino ad arrivare a paragonare la nuova facciata a quella di un “resort”.
Considerato che di arte e conservazione delle opere se ne intendano in pochi tra compiaciuti e dispiaciuti, dopo aver interpellato il sindaco e chiesto lumi sui lavori che sarebbero stati vagliati e approvati dalla soprintendenza con diversi sopralluoghi, abbiamo deciso di chiedere un parere a chi di arte se ne intende sul serio, dunque, chi meglio del professor Vittorio Sgarbi?
Mostrate le foto del prima e dopo, il professor Sgarbi ci ha parlato di un «effetto meringa».
«Un restauro che si può definire meringa, l’effetto meringa è quello di restituire un ipotetico biancore che ci sarà forse anche stato, è una negazione di quello che Cesare Brandi, pellegrino di Puglia, grande maestro del restauro, indicava come la patina del tempo, cioè come un volto che invecchia e appaiono le rughe. Un uomo di 60-70 anni – ci spiega Sgarbi – non è come un ragazzo di 10, quindi è una vana ricerca quella di tornare all’effetto originario, bisogna vedere se il tempo ha un significato importante che può essere mitigato, i grandi pittori come Balthus cercavano intonaci che avessero aria del tempo, quindi si può invecchiare una superficie, si può pulire ma non se ne può fare una nuova con un intonaco bianco. E’ un vero e proprio delitto».
Eppure, amministrazione comunale e soprintendenza non la penserebbero così. Qualche giorno fa, infatti, chiedendo lumi al sindaco su chi avesse deciso la tipologia di lavori, ci ha risposto che sul patrimonio storico, nessuna amministrazione ha potere di modificare o fare a suo piacimento quello che vorrebbe: «banalmente – ha detto il sindaco – se avessimo detto di fare la facciata “grigia” o “marrone scuro”, sarebbe stato sottoposto sempre a giudizio della soprintendenza. Poi – ha aggiunto – i palazzi storici di pregio, venivano sempre intonacati e dipinti così come si sta facendo».
Per il professor Sgarbi il problema è uno: «Si tratta di un restauro apparentemente corretto, ma in realtà profondamente sbagliato, perché i principi stessi del restauro non presuppongono che uno rifaccia un intonaco o una superficie nuova, ma presuppongono che uno sistemi quella vecchia che si può pulire, integrare. Ma il rifacimento in questo modo è un vero e proprio delitto. Purtroppo – continua Sgarbi – da quando sono andato via io non c’è più nessuno con questa sensibilità, per cui inutile appellarsi al ministero, però l’attuale direttore generale delle Belle Arti, La Rocca, può essere interessato con una lettera in cui si chiede l’invio di un ispettore per valutare che questa soluzione non sia stata adottata in maniera miope o distratta. Che sia autorizzata è un rischio grave».