La Guardia di Finanza di Bari sta eseguendo nelle province di Taranto, Bari, Milano, Monza-Brianza e Modena un decreto di perquisizione personale e locale emesso dalla Procura di Taranto nei confronti di 10 persone (amministratori, procuratori, dipendenti e collaboratori pro tempore di Acciaierie d’Italia, società, attualmente in amministrazione straordinaria che gestisce lo stabilimento ex Ilva di Taranto). Sono indagati per il reato di truffa allo Stato. Dalle indagini è emersa una “artificiosa manipolazione dei dati afferenti alle emissioni di CO2 riconducibili alle attività di AdI spa e poste in essere in epoca precedente la sottoposizione della società alla procedura di amministrazione straordinaria”, quest’ultima scattata lo scorso febbraio con la nomina dei commissari da parte del Mimit. La gestione precedente della società vedeva, invece, ArcelorMittal, multinazionale dell’acciaio, come socio di maggioranza di AdI, con Lucia Morselli amministratore delegato. Le indagini hanno consentito di rilevare, in relazione alla restituzione delle quote CO2 “consumate” nell’anno 2022 e all’assegnazione di quelle a titolo gratuito per l’anno 2023, varie irregolarità commesse da Acciaierie d’Italia. In particolare la società, secondo le indagini, avrebbe “attestato nel piano di monitoraggio e rendicontazione al Comitato ETS (Emission Trading System) falsi quantitativi di consumi di materie prime (fossile, gas, ecc.), di prodotti finiti e semilavorati e relative giacenze, così alterando i parametri di riferimento (“fattore di emissione” e “livello di attività”)”.
Avrebbe inoltre “dichiarato al registro EU ETS (Sistema Europeo di Scambio di Quote di Emissione) un numero di quote CO2 inferiore a quello effettivamente emesso, inducendo in errore il Comitato ministeriale, che si determinava ad assegnare gratuitamente allo stabilimento ex Ilva di Taranto, per l’anno 2023, un ammontare di quote superiore a quello effettivamente spettante”.
“Attraverso tali condotte – dichiara la GdF – gli indagati avrebbero procurato un ingiusto profitto per ADI S.p.A. consistito da un lato in un risparmio di spesa, realizzato con la restituzione allo Stato -e, nello specifico, al Comitato ministeriale- di quote CO2 inferiore a quello che la società avrebbe dovuto restituire; dall’altro nei maggiori ricavi determinati dal riconoscimento di quote di CO2 gratuite in misura eccedente con pari danno del mercato primario delle “aste pubbliche” dello Stato”.
“I riscontri investigativi in corso – precisa la Finanza – sono finalizzati a rinvenire ulteriori elementi probatori utili al prosieguo delle indagini, con particolare riferimento alla documentazione amministrativa e contabile funzionale alla puntuale ricostruzione delle procedure in esame, nonché all’esatta quantificazione delle quote effettivamente”. Il sistema europeo in questione prevede lo “Scambio di Quote di Emissione (EU ETS)”. E’ istituito dalla Direttiva 2003/87/CE
(Direttiva ETS) che costituisce il principale strumento adottato dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori a seguito della sottoscrizione del Protocollo di Kyoto. Il sistema, si rileva, si basa essenzialmente su un meccanismo di capotrade che fissa un tetto massimo al livello complessivo delle emissioni consentite a tutti i soggetti vincolati, permettendo ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato diritti a emettere CO2 (quote) secondo le loro necessità nel rispetto del limite stabilito. Il meccanismo ha lo scopo di mantenere alti i prezzi dei titoli per disincentivare la domanda e, pertanto, indurre le imprese europee ad inquinare meno.