E’ durato quasi quattro ore ieri pomeriggio il tavolo a Palazzo Chigi tra Governo, sindacati metalmeccanici e commissari per fare il punto sull’ex Ilva di Taranto e il suo rilancio. Ma il piano al centro dell’incontro (presenti i ministri Urso, Calderone e Giorgetti, quest’ultimo in collegamento; il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano; i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e Fiom Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil
Usb e Ugl metalmeccanici) non convince le sigle sindacali: l’unico piano valido, è la loro posizione, resta l’accordo del 2018. Al termine della riunione, è il leader nazionale della Uilm Rocco Palombella a rispedire al mittente l’idea stessa di piano: “Nessuna condivisione di piano, non c’è nessun piano. Quando lo conosceremo nei dettagli diremo la nostra chiedendo”, dice, e “data la genericità degli approfondimenti ci siamo limitati a dire che non condividiamo né il metodo né la sostanza. Per noi restano confermate le intese sottoscritte e l’accordo del 2018 che per noi resta valido finché non se ne negozi un altro”.
Capitolo risorse. Sul tavolo c’è una norma per ulteriori 150 milioni di euro da Ex Ilva in amministrazione straordinaria e per Acciaierie d’Italia in AS, provvedimento che potrebbe arrivare già la prossima settimana. Un fondo che andrà ad aggiungersi ai 150 milioni già stanziati e al prestito ponte da 320 milioni di euro che dovrà però passare per l’ok della commissione Ue. Un piano finanziario che i sindacati giudicano funzionale all’esclusivo ok della commissione al prestito ponte. E comunque, le risorse “non bastano, non si fanno le nozze coi fichi secchi”, commenta il segretario generale della Fiom-Cgil, Michele De Palma. Quanto alla riconversione, dal primo semestre 2025 – ha annunciato il commissario di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria Giovanni Fiori durante il tavolo con i sindacati- si lavorerà alla costruzione di due forni elettrici che poi partiranno dal secondo semestre 2027, in sostituzione di Afo 1 e 4.
L’obiettivo di garantire almeno 4 milioni di tonnellate di acciaio, da aggiungere ai 2 da altoforno, e raggiungere 6 milioni di tonnellate come obiettivo massimo al 2026.
“Un piano industriale che ad oggi, rispetto all’impatto numerico, già avendo i 1700 in cassa integrazione, avrebbe un impatto significativo di ulteriori cassa integrati, oltre quelli già previsti. Se poi ragioniamo sul fatto che i forni elettrici hanno un impatto occupazionale inferiore agli altiforni, è chiaro che rischiamo di escludere dal ciclo del mondo del lavoro 4mila-5mila lavoratori”, dice Francesco Rizzo, dell’esecutivo nazionale Usb. Ma, sottolinea Ferdinando Uliano, segretario della Fim Cisl, al tavolo governo-sindacati sull’ex Ilva “non si è parlato di esuberi ma di mantenimento rispetto all’attuale occupazione”. Intanto, entro il mese di maggio, sono in programma delle visite agli stabilimento ex Ilva da parte di società che hanno manifestato un interesse nell’azienda, come annunciato dal ministro Urso nel corso dell’incontro.